Serie TV che non dovrebbero mai finire: The Newsroom
“E’ un sito web, non ha un’integrità!” – Sam Waterston
Come molti avranno notato Sky ha lanciato “Box Series” sulla sua piattaforma on demand, ovvero stagioni complete di serie di successo, o meglio di serie che Sky possiede.
Cogliendo la palla al balzo è mia intenzione raccontarvi perché The Newsroom è una serie capolavoro, che andrebbe vista, ma che non ha avuto il successo che avrebbe meritato.
Partiamo dal suo autore, Aaron Sorkin, quello di West Wing, per capirci, l’uomo che ha inventato la “camminata parlata”, ovvero conversazioni fatte mentre ci si sposta.
Una necessità per l’autore newyorkese visto che i suoi copioni sono in media il quadruplo di quelli degli altri.
Sorkin ha fatto del dialogo la sua firma.
I suoi personaggi sembrano affetti da affabulazione compulsiva, devono sempre spiegare e dire tutto, ma soprattutto devono sempre essere in grado di rispondere con una battuta sagace… facile se ti scrivono i testi, difficile nella realtà.
Questo ha portato i suoi detrattori ad accusarlo di mancanza di realismo, unitamente al fatto che i suoi protagonisti sono sempre dei buoni in fondo, fin dai tempi del Presidente Bartlet.
Perché Newsroom è stata così bistrattata?
Niente di più semplice, perché punta il dito contro i giornalisti e l’informazione in genere, in poche parole sputa nel piatto dove mangia!
Di certo se inizi a dire che i giornalisti dei network sono asserviti al potere (commerciale o d’immagine) non ti fai proprio un favore, soprattutto perché saranno proprio quei network a trasmetterti.
Se dici che i giornalisti sono accondiscendenti, che cavalcano le notizie facili che preferiscono metter su dei carrozzoni in cui si fa intrattenimento con la spettacolarizzazione delle informazioni (basti pensare al caso della Franzoni in Italia), non è che te li fai amici, figuriamoci poi se devono recensire il tuo show.
A questo aggiungiamo un audience bovina che è stata cibata per anni a papponi melodrammatici da encefalogramma piatto (cose alla E.R. – Medici in prima linea, Grey’s Anatomy e via discorrendo fino a Sentieri) che ora improvvisamente dovrebbe mettersi a riflettere su questioni etiche o politiche… ma andiamo. Newsroom è uno show elitario.
Per questo i suo fans sono pochi, ma solidissimi. E’ come dire: “sei entrato nel club dei cervelluti, che fai ti unisci e ti godi lo show o dici che è brutto e rivai nella folla d’ignavi?”
Newsroom consta di 3 stagioni (al momento solo 2 disponibili in italiano, ma vi consiglio la visione in lingua originale visto che il doppiaggio non è tra quelli memorabili) passate su Sky Atlantic e RAI 3 e sappiatelo sin da ora finisce così.
Sorkin, West Wing a parte, non ha mai avuto una gran fortuna, Studio 60 era un capolavoro ed ha chiuso alla prima stagione.
L’autore non si è assolutamente preoccupato di coprire le quote politically correct che tanto piacciono ad Hollywood… quindi niente “pioggia di neri” in redazione, niente asiatici, niente donne di potere (a parte Jane Fonda), anzi qui le donne tendono ad essere sì molto intelligenti, ma anche un po’ goffe.
Una necessità narrativa più che altro. Considerando le personalità “driver” di McAvoy e Skinner in primis (ma di tutti i personaggi di Sorkin in generale) sarebbe stato impossibile costruire poi delle relazioni sentimentali.
Tornando però a bomba, se in America non ti omologhi alle necessità sancite dall’opinione pubblica, come quella di avere parità evidente per tutti (e questo risponde alla vostra domanda su perché diavolo Heimdal –dio norreano biondo con gli occhi azzurri- in Thor sia un nero), in un batter d’occhio ti trovi accusato di velato razzismo.
Non si è nemmeno preoccupato di non dare addosso alle classi politiche, tanto che uno dei temi portanti della prima stagione è stroncare il “Tea Party” (movimento liberal di destra).
Risultato 2 stagioni e poi una terza a chiusura di soli 6 episodi in cui l’autore prende atto di avere tutti contro e sposta il focus sui rapporti interpersonali chiudendo chinando un po’ la testa e ammettendo (obtorto collo) che non avrebbe dovuto pontificare sulle news.
Ma dato che noi siamo italiani, e diciamocelo chiaramente di tutto questo ce ne frega poco o nulla, possiamo goderci tutto senza futili dietrologie.
A noi resta uno show godibilissimo, scritto magistralmente e senza tempi morti, che raccoglie lo spunto di grandi eventi per costruirci su le situazioni che accendono la redazione.
Assistiamo alla presa di coscienza di un anchorman stufo di piacere a tutti e pronto a scendere nell’arena per lottare per difendere etica ed integrità; vediamo un posto di lavoro dove tutti danno il massimo perché credono in quello che fanno e crescono in base ai loro meriti piuttosto che a logiche di potere (questo è un po’ irreale se vogliamo) e un mondo dove le persone contano più di tutto e possono cambiare le cose.
Si è una serie un po’ sognante su un mondo che non esiste, ma che ci piacerebbe esistesse.
E’ una serie che non mette su un piedistallo né un perdente, né uno psicopatico, né un eroe negativo, come tanto piace oggi, ma soprattutto è una serie scritta divinamente e recitata da uno dei più grandi, e sottostimati, attori di sempre: Jeff Daniels!