Seminci: Festival di Valladolid. Cap.3
Tra i film in concorso alla 61ª Seminci, due erano a Venezia. Dalla sezione ufficiale, El ciudadano ilustre (Il cittadino illustre), degli argentini Gaston Duprat e Mariano Cohn, del quale abbiamo giá scritto. Dalla sezione Orizzonti, il belga King of the Belgians (Un Re allo sbando), del belga Peter Brosens e dell’americana Jessica Woodworth, su un’idea non nuova e illustrata in maniera semplicistica. Sorta di pamphlet, nel quale si ipotizza il distacco della Wallonia dal Belgio durante una visita del re in Turchia, il film tenta di mettere a fuoco l’esperienza di un sovrano catapultato dalle sale del palazzo sulle strade d’Europa.
Una tempesta solare impedisce agli aerei di decollare e i diplomatici turchi chiedono al re di non uscire dalla residenza. Lui, peró, ha fretta di riunire il suo paese e se ne va alla chetichella con la sua piccola corte. Cinque in tutto, e su un percorso accidentato perché dovranno attraversare molte frontiere col re in incognito e con i diplomatici turchi alle calcagna, desiderosi di riportare il sovrano a Istanbul per evitare scandali. Stabilito l’itinerario Istanbul Bruxelles, gli autori non hanno previsto alcun intreccio limitandosi a un Road Movie con tutti gli imprevisti di un viaggio improvvisato e con spunti turistici visitando i paesi dei balcani. Commedia, per così dire, di poco piú di novanta minuti e con scarsi spunti umoristici.
Di tutt’altra natura il film egiziano in concorso: Eshtebak (Scontro) di Mohamed Diab. Scritto col fratello Khaled, mette a fuoco la rivolta dell’estate del 2013 quando migliaia di dimostranti chiedevano la destituzione di Mohamed Morsi, e migliaia di fratelli musulmani lo sostenevano. Narrato in tempi quasi reali, dal mattino alla sera, e girato tutto dall’interno di un furgone della polizia, mostra l’esasperazione degli agenti, bersagli di invettive e di lanci di sassi. Nel furgone hanno rinchiuso un giornalista americano e un fotografo, e subito dopo dimostranti presi a caso dalla folla ritenendoli fratelli musulmani. Il furgone diventa un contenitore claustrofobico. I detenuti sono vittime dell’afa e della ridotta circolazione d’aria. Poi bisogni corporali, scontri ideologici e malintesi provocano scontri che descrivono in un microcosmo le ragioni degli scontri di piazza. Ci son voluti tre anni di lavoro per un film di circa cento minuti che tuttavia rende con cognizione di causa e con enfasi la drammatica situazione della societá egiziana.
Altrettanto duro il film colombiano in concorso La ciénaga. Entro el mar y la tierra. (La palude. Tra il mare e la terra) di Carlos del Castillo e di Manolo Cruz che è anche lo sceneggiatore e l’attore protagonista. Applaudito al Festival di Sundance, il film richiama l’attenzione su un caso di distrofia, di un ventottenne che vive con la madre in una povera dimora di legno su palafitte in un pantano al lato del Mar dei Caraibi. Alberto, costretto a letto e intubato, sogna il mare ma le sue condizioni impediscono spostamenti. Le visite di un’amica d’infanzia, i disegni con i pastelli che gli permettono di illustrare i suoi sogni e, soprattutto, l’amore della madre, una donna povera ma orgogliosa che ha smesso di parlare con quasi tutti i vicini, lo sostengono. Giselle, la coetanea, cerca su Internet medici che possano aiutarlo, ma la madre nel tentativo di proteggerlo, lo allontana da tutti. E l’affetto quasi morboso della madre prima lo isola e poi gli offre un’imprevista e incontrollata via di fuga.
Splendida l’interpretazione di Vicky Hernández, madre amorosa e soffocante, e misurata quella della giovane Viviana Serna. Il film, che rimanda al tema di Mar adentro di Alejandro Amenábar, è molto duro e accattivante. Tuttavia appare eccessivo l’attaccamento della madre e irrisolto il personaggio di Giselle.
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