Seminci – 62ª Semana Internacional de Cine de Valladolid. Giorno 4
Tra le molte pubblicazioni della 52º SEMINCI, il volume di 208 pagine Femenino plural, Mujeres cineastas del siglo XXI di Andrea Morán e Jara Yáñez, supporto del Foro Seminci, Mujeres en el cine español che ha permeato larga parte di questa edizione che annovera nella sezione ufficiale otto film realizzati da donne, circa la metá di quelli in concorso. Stamattina si è visto Jeune femme (Montparnasse Bienvenue) di Léonor Serraille, del quale abbiamo scritto da Karlovy Vary, e l’inedito Me mzis Skivi var Dedamicaze (Sono un raggio di sole sulla terra) della regista georgiana Elene Naveriani che ha preso il titolo dal famoso libro di Frantz Fanon, I dannati della Terra.
Esordio dopo il cortometraggio Les évangiles d’Anasyrma, il film dura appena 61 minuti e si apre su scene di desolazione nel sottomondo di Tbilissi, la capitale della Georgia. D’estate, con oltre trenta gradi, una prostituta di 34 anni, April, lascia il carcere dove era detenuta con altre colleghe. Ha ricevuto una lettera dall’amica con la quale divideva l’abitazione. Le comunica di essere andata a vivere con un uomo e che non vuole piú avere contatti con lei. Con molta calma, April si reca a casa a piedi, e incontra un ragazzo nigeriano che conosce da tempo, un giovane che era partito sognando la Georgia statunitense e che si ritrova sperduto in mezzo a connazionali che faticano per sopravvivere. Con una sceneggiatura al minimo, e quasi priva di una storia completa, il film illustra tuttavia il degrado e l’abbandono in cui vivono prostitute braccate dalla polizia e maltrattate dai clienti in una cittá dove l’assassinio di prostitute è notizia ricorrente. Descrive inoltre l’enclave degli africani snobbati dai bianchi in un quadro di desolazione che fa riflettere.
Gabriel Buchmann, studente brasiliano, ottenne una borsa di studio per frequentare corsi di economia all’università di Los Angeles. Prima, peró, si concesse un anno sabatico per rendersi conto delle condizioni reali dei poveri in alcuni paesi africani. Fu una sfida, tentando di vivere con tre dollari al giorno e accettando l’ospitalitá di povera gente. Percorse quattro paesi, cominciando da Kenya e Tanzania, e concludendo il viaggio nel Malawi dove anelava salire sulla cima del monte Mulanje. Estroverso, spericolato, sportivo, Gabriel ebbe molti amici nelle cui case pernottava. E bruciava le tappe, cosa che nell’ultima impresa, nella quale fece a meno della guida, dopo aver raggiunto la vetta non trovó piú la via del ritorno. Un suo compagno di liceo, il regista Fellipe Barbosa, che aveva presentato a Cannes il suo primo film, Casa grande, ha deciso di dedicargli un film percorrendo durante tre anni lo stesso itinerario, incontrando i suoi amici e facendo interpretare la sua storia da attori e dalle persone da lui conosciute.
Il film Gabriel e a montanha, interpretato da Joao Pedro Zappa, e da Caroline Abras nella parte della fidanzata che trascorse con lui alcune tappe del viaggio, è stato presentato in concorso alla 62ª Seminci. Dura 131 minuti e segue il protagonista nella ricerca dei mezzi di trasporto, durante pasti frugali e in interni essenziali, ma anche in visite ai mercati, nei safari e nei momenti di quiete in riva a un lago. Sorta di documentario di viaggio volto in finzione per la presenza e le disavventure del protagonista, il film ha una lunga e faticosa prima parte da seguire, sia per l’inesperienza del viaggiatore sia per paesaggi, persone e animali, già raccontati da centinaia di documentari. Girato con una equipe di quattordici persone e all’insegna dell’improvvisazione, il film mostra la parte migliore nell’ultima mezz’ora dove il regista riesce a descrivere i pericoli della montagna attraverso la vicenda di un giovane avventuroso e ottimista, ma totalmente inesperto.
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