Leonardo DiCaprio e Alejandro González Iñárritu a Roma per presentare Revenant – Redivivo
“Quando ho iniziato questo progetto, il mio interesse principale era quello di creare la sensazione del documentario, come se fossimo lì presenti durante la visione. Infatti, mi sembra che recentemente, parlando del film, un giornale abbia scritto National Leographic anziché National Geographic”.
Precisando che , se lo avesse realizzato cinque anni prima, non lo avrebbe potuto girare come oggi, in quanto la tecnologia era diversa da quella odierna, a parlare è il messicano vincitore del premio Oscar Alejandro González Iñárritu, approdato a Roma insieme all’acclamatissimo Leonardo DiCaprio per presentare alla stampa il suo Revenant – Redivivo, in uscita il 16 Gennaio 2016 per 20th Century Fox e a proposito di cui il qui protagonista ex divo di Titanic ha osservato: “Credo sia piuttosto interessante il fatto che l’ambientazione è quella di un periodo storico non molto distante da noi, ma dove nessuno poteva documentare la vita se non attraverso un diario. Quindi, è stata un po’ fantascienza, per noi, ricostruire quei luoghi e quelle persone. Tra l’altro, vi sono state molte poche ricerche e pre-produzione e tanto affidamento all’istinto”.
Perché, nel corso delle oltre due ore e mezza di visione ispirate a una storia vera e per mettere in piedi le quali il cineasta sembra sia stato influenzato anche da Dersu Uzala di Akira Kurosawa, Apocalypse now di Francis Ford Coppola e Fitzcarraldo di Werner Herzog, il bel californiano incarna il leggendario esploratore Hugh Glass, aggredito da un orso e abbandonato dagli altri compagni di caccia nell’America del XIX secolo, dove, grazie alla sua forte determinazione e all’amore che nutre nei confronti della moglie, percorre il grande e selvaggio West alla ricerca dell’uomo che lo ha tradito.
“Questa è una storia che si racconta intorno al fuoco; noi ci siamo avvicinati al film cercando di rimanere assolutamente aperti” ha infatti proseguito l’interprete di The Wolf of Wall Street, “È un racconto riguardante la capacità dell’essere umano di dominare la natura, di saccheggiarla ricorrendo alla propria avidità. Credo che il mio respiro, il sangue e tutto ciò che vediamo nel film consenta allo spettatore di entrare in profondo contatto con quello che i personaggi stanno vivendo. La capacità di Alejandro e del direttore della fotografia Emmanuel Lubezki è stata proprio quella di permettere di emergere alle sensazioni più profonde del personaggio e all’epicità dei paesaggi”.
E, precisato che non era affatto intenzionato a concepire un film western, bensì un percorso spirituale e fisico in un periodo in cui il West ancora non esisteva, il regista si è soffermato proprio sul lodevole lavoro svolto da Lubezki: “Emmanuel l’ho conosciuto che eravamo circa ventenni, poi ci ho lavorato in alcuni cortometraggi e in Birdman o (l’imprevedibile virtù dell’ignoranza). Quando ci vediamo prima della realizzazione di un film, gli parlo di quale sia il mio intento e lui, di conseguenza, si occupa della macchina da presa, della scelta degli obiettivi e della ricerca tecnica. Praticamente, io progetto tutto prima, ma il suo contributo è eccezionale e la sua conoscenza dell’uso delle luci è assolutamente fantastica. Il suo lavoro, in fin dei conti, riguarda anche l’aspetto del linguaggio della pellicola”.
Tra l’altro, essendo il lungometraggio candidato a ben dodici Academy Awards, compresi quelli relativi al film, la regia e l’attore protagonista, DiCaprio non ha potuto fare a meno di commentare: “Siamo stati estremamente felici delle numerose candidature all’Oscar ottenute dal film, che io continuo a definire soprattutto un viaggio. Ovviamente, non lo abbiamo messo in piedi per la statuetta, ma essa diventa importante se la sua vittoria può dare una mano a far capire agli studios che vale la pena finanziare pellicole di questo tipo”.