Lars von Trier back in Cannes: persona non gradita oppure sì?

Il graffiante regista danese Lars von Trier torna sulla Croisette dopo sette anni di assenza, l’etichetta di “persona non gradita” allora assegnatagli, e l’allontanamento forzato per le dichiarazioni pro-Hitler al tempo dell’ultimo film presentato nel 2011, ovvero l’apocalittico Melancholia. Ad accoglierlo quest’anno al suo ritorno anche se Fuori Concorso, proiezione gremite di stampa e addetti ai lavori vari che, come per ogni film di von Trier che si rispetti, accorrono a fiumi per poi puntualmente denigrare o idolatrare il lavoro del regista.

E stando ai titoli online usciti in gran numero subito dopo la prima proiezione stampa di quest’ultimo lavoro dal titolo The House That Jack Built del dissacrante regista danese, gran parte della stampa sarebbe rimasta sconvolta dal film e avrebbe abbandonato la sala anzitempo incapace di assistere alla proiezione perché troppo disturbante. Al di là del fatto che lo stile sempre ai limiti - a volte anche oltre - del regista danese è oramai ampiamente conosciuto, a margine nel programma proiezioni c’era anche una nota specifica che indicava che alcune immagini del film avrebbero potuto  urtare la sensibilità di qualcuno. Uomo avvisato mezza salvato, dunque!

Ma non solo, si tenga anche presente che a oggi la media dei film horror che il pubblico è abituato a vedere è ben più raccapricciante, e disturbante di quest’ultimo lavoro di von Trier. A onor del vero, infatti, The House That Jack Built (la casa che Jack ha costruito), risulta essere sì disturbante ma anche talmente ben congeniato da essere coerente e funzionale nella sua evoluzione narrativa, e dunque più che ‘sostenibile’ nella visione, specie per un pubblico di addetti ai lavori. Il film segue la carriera omicida di Jack (un ottimo Matt Dillon) nell’arco di dodici anni, ne descrive nel dettaglio alcune operazioni da killer e riflette assieme al protagonista e al suo personale Virgilio (il Verge di Bruno Ganz) sul Male d’essere e di vivere che poi si tramuta in un profilo da assassino sadico e compulsivo. Un’opera che chiude poi maestosamente in un epilogo visionario, una vera e propria discesa agli inferi in un magma di sangue e lava, luogo metaforico dove ogni anima dannata e conferita al Male prima o dopo finisce.

Dunque un film in generale più che riuscito, e  se è vero che il regista Danese ci ha nel tempo abituati a un cinema forte e disturbante, è pure vero che nel percorso di questo cineasta si intravede sempre un talento difficile da ignorare e che nel bene o nel male riesce a captare l’attenzione dello spettatore. Viene dunque da pensare che la pioggia di critiche arrivata subito dopo la prima proiezione potrebbe essere anche solo una trovata pubblicitaria, il riverbero delle consuete  voci di corridoio da festival che colgono una notizia al volo per farla diventare trend topic. E stavolta sembra proprio essere questo il caso, senza contare che Lars Von Trier è così, prendere o lasciare, un regista che si ama o si odia e che anche la stessa Cannes un po’ odia ma anche, in fondo, molto ama.