Karlovy Vary International Film Festival, 56ª edizione - Giorno 3
I due film in concorso del terzo giorno del 56° Karlovy Vary International Film Festival mostrano, in maniera differente, un approccio al mondo del sesso. Hranice làsky (I confini dell’amore) del regista polacco Tomasz Winski lo fa in maniera discorsiva, affrontando il problema quasi fosse un gioco. Hana e Petr, giovane coppia che lavora insieme da tempo, e che da tempo convive, dopo un rapporto sessuale comincia a chiedersi quali reazione avrebbero nel caso di una trasgressione. Lui sembra non dare peso alla cosa e lei lo provoca invitando a casa uno sconosciuto. Quando il giovane bussa alla porta, chiede di poter fare una doccia. Poi ringrazia e se ne va. I due sono sorpresi, ma il gioco è iniziato e lei ha una relazione. Parlandone con una coppia di amici, scoprono che si tratta di una coppia aperta e l’uomo tenta un approccio con Hana che accetta l’invito. Petr è come un pesce in barile e quando l’amica comincia a baciarlo accetta il rapporto sessuale. E’ uno scambio di coppia, come andò di moda negli Anni Sessanta, ma anche l’inizio di una frattura. Hana, infatti, trova piacere nell’avere nuovi partner, mentre per Petr è un’esperienza conclusa. La faccenda va avanti fino a quando Hana viene lasciata dagli amanti, tenta di tornare da Petr ma lui ha incontrato una giovane semplice con la quale ha deciso di convivere. Niente di nuovo, quindi, quasi un passo generazionale soprattutto per coloro che non vivono appieno la loro vita e si sentono attratti da fantasie erotiche. Il regista polacco, da anni residente nella Repubblica Ceca, ha scritto la storia e la sceneggiatura insieme con i due protagonisti, gli attori cechi Hana Vagnerovà e Matyáš Reznícek per un film di 95 minuti senza lode e senza infamia.
Più comprensibile, invece, il fugace approccio sessuale del film georgiano Chemi otakhi, liberamente tradotto in inglese A Room of my Own. Ioseb “Soso” Bliadze, al suo secondo film dopo Othar’s Death dello scorso anno, narra di Tina, 24 anni, che dopo un matrimonio sbagliato, una nuova relazione e una tempesta familiare, sbarca a Tbilisi in attesa del fidanzato che vuole accoglierla in famiglia. Avverrà dopo che lui avrà assolto un impegno di lavoro e nel frattempo lei va in affitto per un mese in un appartamento che dovrà dividere con un’altra ragazza. Si chiama Megi, estroversa e disponibile, che la introduce in un universo dinamico di giovani spensierati e festaioli. Ed è la sua fortuna perché il giorno che parte in macchina col fidanzato si accorge che qualcosa non va. Fa fermare l’auto ed esige un chiarimento. La madre del fidanzato ha saputo dei dissapori familiari di Tina e non la vuole in casa. Lui le chiede di trovarsi un lavoro e di tornare in affitto a Tbilisi fintantoché sua madre non abbia cambiato idea. Lei lo molla, torna da Megi e incomincia a pensare a una vita indipendente. L’amica, in attesa di recarsi a vivere per un anno in casa di amici a New York, l’aiuta, e l’aiuto è reciproco nelle vicende domestiche e anche in un paio di casi di svenimento di Megi. Tuttavia sarà determinante quando Tina riceve la notizia dei funerali della madre, deceduta per causa del Covid19, e al cimitero viene scacciata brutalmente dai familiari. L’aspetta una notte di sofferenze e di dolori, e soltanto l’apporto affettivo di Megi, sentimentale e con un effimero approccio sessuale, la risolleva e consolida lo loro amicizia alla vigilia della partenza per l’America. Scritto dal regista con Taki Mumladze, l’attrice protagonista che lo scorso anno era stata premiata a Karlovy Vary per il suo work in progress “Tina and Megi”, il film è un dramma sentimentale di 107 minuti che contrappone il comportamento moderno dei giovani alla società tradizionale e patriarcale georgiana. Mariam Khundadze è la vibrante Megi.
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(Foto: Chemi otakhi)