Karlovy Vary International Film Festival, 55ª edizione - Giorno 3
Non si può lavorare nella cucina di un grande ristorante sotto Natale con un debordante numero di clienti e dopo aver ricevuto la visita di un esperto che ha ridotto a tre le cinque stelle di notorietà, e non subire lo stress di un’estenuante serata. E’ quello che illustra Boiling Point, Punto di ebollizione, dell’inglese Philip Barantini, quarantenne di Liverpool al suo secondo lungometraggio, in concorso per il Globo di Cristallo del 55th Karlovy Vary International Film Festival. Da una parte le pretese e le esigenze dei clienti; dall’altra, e soprattutto, ritardi, disattenzioni, malintesi e problemi del personale che il regista porta a un punto di rottura. Tema trattato spesso dal cinema mondiale, in chiave satirica, sentimentale, drammatica. Per Barantini diventa una sorta di Thriller, una tensione esasperata di novanta minuti alla quale si aggiunge il ricatto di un ex collega dello chef che si presenta, inatteso, in compagnia di una famosa firma della critica gastronomica. Il ritmo incalzante tiene in sospeso l’attenzione dello spettatore, ma il film oltre a mostrare che tra i dipendenti ci sono problemi di droga, incomprensioni familiari e debiti da saldare, non ha nessuno spunto originale. Da apprezzare la regia e il lavoro degli attori guidati dallo chef, Stephen Graham.
Anche quello del serbo Stefan Arsenijevic, quarantaquattrenne di Belgrado, è un tema spesso trattato nel cinema: le peripezie degli extracomunitari che tentano di rifarsi una vita in Europa. Strahinja Banovic, intitolato in inglese As Far as I can walk, adopera però come sfondo i problemi dei profughi per narrare la vicenda di una giovane coppia africana, Ababuo e Strahinja, lei del Ghana, lui del Mali. Da un anno in Serbia, dove stanno per ottenere i documenti di residenza, lei attrice, lui calciatore inserito in una squadra locale, vorrebbero raggiungere l’Ungheria per poi trasferirsi in Germania. L’arrivo di alcuni profughi siriani, emigrati politici per i quali è più facile ottenere i documenti richiesti anche dagli emigrati economici, induce Ababuo a unirsi a loro e tentare lo sconfinamento durante la notte. Quando Strahinja torna da un incontro di calcio in un’altra città, e non la trova, parte alla sua ricerca. Alla fine di un viaggio estenuante e pericoloso si incontrano in un accampamento in Ungheria. Lui le fa una scenata di gelosia, lei gli spiega che si è trattato di un’occasione insperata per raggiungere l’Inghilterra dove ha sempre sognato di voler recitare a teatro. Un racconto di novanta minuti su uno degli infiniti drammi dell’emigrazione che tenta di mettere a fuoco comportamenti e aspirazioni di nostri simili, meno fortunati.
La difficoltà di reperire film inediti per la sezione ufficiale di concorso spiega il fatto che spesso le cose migliori s’incontrano nelle sezioni parallele. E’ il caso del bel film di Jonas Carpignano, A Chiara, premio di regia alla Quinzaine di Cannes. Già noto per il film, A Ciambra, Carpignano, trentasettenne nativo di New York, con una produzione italo-francese di un paio d’ore, narra in maniera originale la storia di una famiglia calabrese vista attraverso gli occhi di una ragazza. La famiglia Guerrasio festeggia i diciott’anni di Giulia con altre famiglie in un ristorante. Durante la notte la sorella quindicenne, Chiara, gira insonne per casa e scorge dalla finestra un motociclista che getta una bomba sull’auto del padre. Il mattino seguente il padre è scomparso. La madre la rassicura, ma sul telefonino lei legge che l’uomo è latitante. Tenuta all’oscuro dei fatti di famiglia, Chiara comincia a indagare scoprendo situazioni conosciute dalla sorella maggiore, ma celate a lei per la sua sicurezza e per la giovane età. Magistralmente interpretato dalla famiglia Ruotolo, e in particolare da Swamy Ruotolo nei panni di Chiara, il film si ispira alla realtà dei nostri giorni lasciandola confluire in un racconto teso come un thriller, denso di emozioni e di mistero, che regala al pubblico il volto di un’attrice giovane e incisiva.
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(Foto: A Chiara. Credit: Film Servis Festival Karlovy Vary)
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