Intervista: La grande rabbia
Gli spettatori comuni, magari, li conoscono per titoli rientranti nel filone dell’azione tricolore quali Palermo Milano solo andata e Le ultime 56 ore, ma gli appassionati di cinema horror sanno benissimo che il regista Claudio Fragasso e la compagna sceneggiatrice Rossella Drudi rientrano tra i nomi che maggiormente hanno cavalcato l’onda della celluloide di paura tra gli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, quando sfornarono, tra gli altri, After death (Oltre la morte), La casa 5 e Troll 2.
In occasione dell’arrivo nelle sale cinematografiche de La grande rabbia, loro ultima fatica che, distribuita da Halley pictures a partire dal 28 Aprile 2016, miscela realtà e finzione nel raccontare i fatti a base di contrasti razziali verificatisi nel quartiere romano di Tor Sapienza nel 2014, abbiamo avuto modo di incontrarli per una piacevolissima intervista realizzata con la preziosa collaborazione di Mirko Lomuscio.
D: Avete riscontrato problemi durante le riprese svoltesi nel quartiere romano di Tor Sapienza?
Claudio Fragasso: A Tor Sapienza sono stati carinissimi e, anzi, devo dire che ci hanno dato una grossa mano, perché si sono rivelati molto generosi e propositivi. Poi, il tassista che vedete nel film è della zona, quindi è tutto molto reale, mentre i momenti degli scontri non sono girati a Tor Sapienza, in quanto lì sarebbe stato impossibile realizzarli.
D: Come avete lavorato con i due attori protagonisti?
Claudio Fragasso: Maurizio Matteo Merli aveva già lavorato con noi in Milano Palermo – il ritorno e Le ultime 56 ore, quindi con lui c’era un rapporto già da diverso tempo, mentre Miguel Angel Gobbo Diaz è stato una vera sorpresa, perché cercavamo un ragazzo di colore che fosse un attore. È stata una casualità, ce lo hanno presentato, ha retto bene e lo abbiamo preso.
Rossella Drudi: Poi, a noi piace lanciare volti nuovi, da Valerio Mastandrea in Palermo Milano solo andata ad Edoardo Leo e Claudio Gioé.
Claudio Fragasso: Anche Giulio Base e Gianmarco Tognazzi.
Rossella Drudi: Io nominavo gli attori che prima di lavorare con noi non avevano fatto nulla.
Claudio Fragasso: Gianmarco ha fatto con noi Teste rasate e poi Le ultime 56 ore. È un po’ un attore feticcio per me, lui e Luca Lionello me li ritrovo spesso.
Rossella Drudi: Tornando alle scene che non abbiamo girato a Tor Sapienza, la scelta di realizzarle negli studi De Paolis è stata fatta anche per una continuità architettonica, perché la periferia in cui vive Matteo nel film è il barocchetto romano del Tufello degli anni Trenta, molto bello. Quella facciata della De Paolis è addirittura precedente, del 1926 o 1927 e raccordava bene. C’è questo discorso di una periferia che non è la solita dei casermoni orrendi costruiti negli anni Sessanta e Settanta.
D: Era dai tempi di Teste rasate che non affrontavate tematiche sociali senza accostarle al genere...
Claudio Fragasso: Ne Le ultime 56 ore c’era il discorso dell’uranio impoverito.
D: Però nel film era comunque presente il genere...
Rossella Drudi: Sì, diciamo che il discorso di fondo era quello, ma il film era molto più di genere, questo, invece, è in effetti maggiormente in linea con Teste rasate, perché è cinema verità e fa vedere ciò che accade e che molti smentiscono. È dichiaratamente sociale, è forse un neo-neo-neo-neorealismo, come avrebbe detto Lietta Tornabuoni, che definì così Teste rasate (ride). Tutto quello che accade tra Benny e Matteo è chiaramente inventato, ma la loro storia di amicizia tra il bianco e il nero è simile a mille che esistono, come pure nella periferia è pieno di ragazzi di colore che sono di destra senza conoscerla bene. Quindi, metti insieme un po’ tutto questo e racconti la realtà e il momento sociale che stiamo vivendo, che è una confusione ed un punto interrogativo per tutti.
D: Pensate di tornare al genere horror?
Rossella Drudi: Sì, non vediamo l’ora, abbiamo una bella idea già pronta.
Claudio Fragasso: Noi siamo convinti che il genere stia tornando attraverso film italiani più o meno di successo come Lo chiamavano Jeeg robot e Veloce come il vento. Il prossimo anno dobbiamo fare un film sulle macchine e le strade di notte. La storia di un tizio cui ammazzano la famiglia e decide di vendicarsi attraverso una sua automobile modificata, perché lui è un meccanico.
Rossella Drudi: Sarà un film sulle corse clandestine, senza pista, una storia un po’ dura.
Claudio Fragasso: Poi ci siamo messi in testa di fare un film di zombi, perché, se c’è un momento del cinema di genere, tanto vale cavalcarlo come abbiamo sempre fatto. Abbiamo una storia molto carina che si chiamerà Zombie mom e che sarà ambientata in Italia.
D: Un po’ come avevate fatto con After death (Oltre la morte), in cui gli zombi erano armati...
Claudio Fragasso: Però quello era ambientato nelle Filippine.
Rossella Drudi: Vi sorprenderà perché ci saranno zombi mai visti prima e farlo in Italia sarà una sfida grande. Diciamo che tutto questo lo dobbiamo alle nuove generazioni che si stanno muovendo molto bene, in quanto, grazie ai loro film, il pubblico che schifava questo cinema ora lo segue e la cosa ci fa molto piacere. Penso a Diaz – Don’t clean up this blood di Daniele Vicari, ACAB – All Cops Are Bastards di Stefano Sollima e alle sue fiction televisive.
Claudio Fragasso: Per esempio, anche Gomorra.
Rossella Drudi: Quindi, essendo l’horror il nostro primo amore, ci siamo detti che dovevamo tornarvi con un’idea originale, non facendo i soliti sequel falsi di Zombi. È ovvio che immagineremo un’epoca futuristica, ma dichiarando che è l’Italia. Lo gireremo tutto tra Napoli e dintorni e con location molto belle.
D: Attualmente, secondo voi in Italia già esiste un ritorno all’horror?
Claudio Fragasso: Un ritorno vero e proprio all’horror direi ancora no. Il grande dilemma mio e di Rossella è sempre stato quello di trovare un legame italiano con i generi horror e action. Ci riuscimmo con Palermo Milano solo andata, ma non è facile, perché tu parti dal presupposto che il nostro pubblico schifa il genere italiano ed è una cosa stranissima, perché, alla fine, è al livello degli altri. Pensa al periodo della Filmax spagnola, che per un periodo ha fatto molti film horror.
D: Tra cui Darkness, che ricorda il vostro La casa 5...
Rossella Drudi: Esatto. Pensa che La casa 5 si intitolava all’estero Darkness e Beyond darkness e la cosa comica fu che, firmandosi Claudio Clyde Anderson e io Sarah Asproon perché si faceva finta di essere americani e si girava in America con attori locali, vi furono critiche positive uscite su alcuni giornali. Quando i giornalisti hanno scoperto che si trattava di un film italiano sono tornati sui loro passi (ride).
Claudio Fragasso: Secondo me, l’horror può tornare in una chiave che stia giustamente in mezzo tra cinema italiano e internazionale, anche perché i film di zombi devi venderli nel mondo, Sicuramente, nel nostro i personaggi parleranno in parte in inglese ed in parte in italiano.