Intervista: Fede Alvarez e Daniel Zovatto ci raccontano Man in the dark
L’uruguayano classe 1978 Fede Alvarez ha avuto modo di farsi conoscere dal pubblico degli appassionati di horror grazie a quel La casa che, nel 2013, altro non fu che il rifacimento dell’omonimo cult dello splatter su celluloide diretto nei primi anni Ottanta da Sam Raimi. Lo stesso Raimi che, dopo avergli prodotto quell’esordio, gli finanzia anche la sua opera seconda: Man in the dark, in uscita nelle sale cinematografiche italiane l’8 settembre 2016 – distribuito da Warner – e riguardante tre ladruncoli alle prese con il violento ex soldato non vedente cui vorrebbero rubare un ingente bottino all’interno della sua abitazione.
Abbiamo avuto modo di intervistare il regista insieme a Daniel Zovatto, ovvero uno dei tre attori facenti parte nel film della combriccola in vena di furto.
D: A differenza de La casa, per Man in the dark non si è partiti da un film già esistente, ma da un soggetto del tutto nuovo. In quali differenti maniere si è dovuto lavorare per la realizzazione dei due film?
Fede Alvarez: La differenza consiste nel fatto che in questo caso mi sono divertito di più, perché hai più libertà creativa quando fai il tuo proprio film. Sam Raimi, poi, mi ha consentito di fare ciò che volevo, lasciandomi totale libertà. Senza le limitazioni che avevo prima, perché lì dovevo basarmi su materiale già esistente.
D: Con Sam Raimi siete alla seconda collaborazione. Come ci si sente e come ci si trova a lavorare con uno dei maggiori geni cinematografici degli ultimi quarant'anni?
Fede Alvarez: Cosa devo dire? È un grande produttore e regista, è incredibile poter lavorare insieme a un nome importante come Sam Raimi. È molto piacevole lavorare con lui, poi è anche una grande personalità. Di solito, è il primo a leggere le mie sceneggiature, a vedere il film e ad assistere al montaggio. Ha anche sempre qualche consiglio da dare per rendere il film migliore, fornendo qualcosa che aiuta. Insomma, è un privilegio poter interagire con Raimi.
D: Personalmente, già a partire dal fatto che abbiamo dei ladri che s'intrufolano in una casa dagli orribili segreti, alcuni aspetti della storia raccontata nel film mi hanno ricordato La casa nera di Wes Craven. E' soltanto una mia impressione o vi sono dei voluti omaggi?
Fede Alvarez: No, in realtà non sono stato ispirato da La casa nera, perché io sono un grande fan di Wes Craven, ma questo film non l’ho mai visto ed è un grande peccato che ho commesso (ride). Quindi, lo recupererò al più presto.
D: Ok, quindi si tratta soltanto di una coincidenza. Al di là del fatto che siamo dinanzi ad un thriller a tinte horror, tra i fotogrammi si avverte una certa allegoria anticapitalista, con particolare riferimento al business legato alle armi ed alla guerra. Era un aspetto già presente in sceneggiatura o è stato ulteriormente approfondito in fase di realizzazione del film?
Fede Alvarez: Si tratta di un aspetto che era già presente nella sceneggiatura. Avevamo parlato con il mio co-sceneggiatore Rodo Sayagues del dolore e delle sofferenze che derivano dal desiderio di avere soldi. Infatti, nel film abbiamo questi tre individui che tentano di impadronirsi dei soldi del ricco uomo non vedente che, però, reagisce poi violentemente contro di loro. Comunque, ogni spettatore può vedere nel film ciò che vuole: qualcuno è più interessato al lato della caccia all’uomo e della tensione, altri, invece, possono tranquillamente individuarvi questi messaggi legati al controllo del business delle armi.
D: Daniel, considerando le tue partecipazioni a Beneath, It follows e alla serie televisiva Fear the walking dead, si direbbe che l'horror stia ricoprendo un ruolo fondamentale nella tua carriera. Ti piace come genere?
Daniel Zovatto: Certo, mi piace molto, io sono cresciuto con questo genere di film, ne ho visti tanti. Comunque, quando inizi una carriera non hai molte scelte di lavoro, ma sono comunque stato fortunato ad avere queste ottime opportunità.
D: Quali sono state le maggiori difficoltà che hai riscontrato nell'interpretare Man in the dark?
Daniel Zovatto: Sostanzialmente, per entrare in un personaggio devi capire la sua storia, chi è, come vive giorno per giorno e, in questo caso specifico, si tratta di un individuo molto diverso da me. Comunque, sono difficoltà che, in generale, fanno sempre parte del lavoro dell’attore. Un lavoro che, secondo me, non dovrebbe essere mai semplice, ma presentare sempre sfide intelletive e qualcosa di complicato.
D: Come è stato il rapporto sul set con gli altri attori e con Fede?
Daniel Zovatto: Eravamo veramente buoni amici, poi con alcuni di loro avevo già lavorato precedentemente ed eravamo tutti felici di ritrovarci insieme sul set. Jane Levy l’avevo vista ne La casa e ho sempre desiderato lavorare con lei. Stephen Lang è veramente un grande attore in possesso un notevole background, perché viene da Broadway, e con lui, onestamente, ho avuto una buona intesa. Poi, Fede è stato bravo ad incanalare le emozioni per creare le scene di suspense. Comunque, noi attori abbiamo notevole rispetto nel nostro lavoro. È stata una bella esperienza.
D: Cosa diresti ai nostri lettori per convincerli ad andare al cinema a vedere il vostro film?
Daniel Zovatto: Vorrei dire ai nostri amici italiani che è un film diverso dal solito. Vi farà sudare freddo, vi regalerà spaventi ed è molto visionario, perché Fede Alvarez è un cineasta molto dotato. A voi italiani piacerà!