Incontro con Queen Helen Mirren e la sua Vedova Winchester

Non credo ai fantasmi, almeno fino a quando non ne vedrò uno, così come non credo nel soprannaturale, ma sono sempre stata affascinata dal potere dell’immaginazione”, ci spiega Helen Mirren nell’incontro romano avvenuto per la presentazione del film La vedova Winchester, ghost-story dei gemelli tedeschi Michael e Peter Spierig (Saw Legacy, 2017) in uscita al cinema il 22 febbraio grazie a Eagle Pictures. Il film è liberamente ispirato alla vera storia di Sarah Pardee Winchester, vedova del ricchissimo figlio del fondatore della famosa azienda di fucili a ripetizione, che a seguito della morte, prima della figlia e poi del marito, per ben trentotto anni – fino al suo decesso avvenuto nel 1923 – seguì imperterrita l'edificazione della sua nuova dimora: una bizzarra villa di sette piani e 160 stanze. La leggenda vuole che, nel 1882 circa, un medium di Boston avesse convinto Sarah di essere vittima di una maledizione: gli spiriti di tutte le persone uccise da un’arma targata Winchester le stavano dando la caccia. L’unico modo per non farsi trovare era dunque quello di vivere in una casa lontana, continuando a costruire attorno a sé un labirinto di scale, botole, archi, finte porte e finestre per ingannare le anime dei defunti e impedire loro di raggiungerla.

Seppur affascinante, questa versione dei fatti non è avvalorata da nessun documento storico, ma ciononostante la dimora di Winchester House (che ha perso il settimo piano nel terribile terremoto di San Francisco del 1906) viene tuttora ritenuta una delle abitazioni maggiormente infestate da fantasmi, e tra le principali attrazioni turistiche della California. I fratelli Spierig, prendendo quindi spunto da un personaggio realmente esistito, da un'incredibile magione ancora in piedi e da un puro racconto di fantasia, realizzano un film ai confini dell’horror tecnicamente ben fatto, anche se dai toni tradizionali, le cui improvvise e spaventose apparizioni faranno saltare sulla sedia più di uno spettatore. A vestire gli abiti della protagonista – ovviamente neri, colore del lutto e del mistero per antonomasia – è la bravissima Helen Mirren, che si cimenta qui per la prima volta in un’opera dark anche se tiene a precisare: “Questo non è un horror, semmai è un lungometraggio che narra di fantasmi”. Beh, non ne siamo troppo convinti, ma poco importa, perché ciò che conta è il risultato, in questo caso discretamente riuscito.

L’attrice inglese premio Oscar per The Queen, Helen Lydia Mirren - nata Elena Vasil'evna Mironova, il cui nonno era un nobile russo nonché colonnello dell’esercito zarista – arrivata all’appuntamento con pochi minuti di ritardo, si è immediatamente scusata in puro stile british: “Perdonatemi tanto per avervi fatto aspettare”, educazione e gentilezza, a cui non siamo abituati! In sala, la figura della Mirren, una splendida donna di 72 anni in un elegante vestito a fiori - carismatica, sorridente, solare e piena di vitale energia -, ha fatto da antitesi al severo personaggio da lei interpretato. E dopo averla ammirata nel suo intero splendore, oltre che nel ruolo della vedova Winchester, ci si stupisce di certi ridicoli atteggiamenti sessisti presenti nel mondo dell’industria cinematografica, come ad esempio quello di non lasciare spazio alle attrici non più giovanissime. Eppure, nonostante oggi la parità dei sessi debba considerarsi elemento fondamentale di qualsiasi democrazia (almeno in Occidente), a demolire questo incivile trend hollywoodiano, e non soltanto, non è bastata neanche la presenza sul grande schermo di eccezionali interpreti femminili che in quanto a bravura nulla hanno da invidiare ai loro onnipresenti e meglio pagati colleghi brizzolati. Helen Mirren, Meryl Streep, Catherine Deneuve, Maggie Smith, Judi Dench, Emma Thompson, Frances McDormand, Isabelle Huppert e Charlotte Rampling – ma l’elenco sarebbe troppo lungo – sono infatti la prova indiscutibile di come fascino e talento non vadano mai a braccetto con l’età, né tantomeno con i soli cromosomi y.

Ma nella nostra epoca il seme del maschilismo si annida ovunque, e malgrado siano trascorsi quasi 40 anni da quando la Mirren mise in riga il celebre anchorman inglese Michael Parkinson, colpevole di averle domandato se i suoi attributi fisici l'avessero mai ostacolata nel suo proposito di essere un'attrice seria, lei così commenta: “Non saprei dire perché ci sia voluto così tanto a smuovere questo tipo di pensiero retrogrado. Certo, i cambiamenti richiedono sempre tempi estremamente lunghi, soprattutto quando si tratta di mutamenti culturali. Bisognerebbe guardare forse le cose da una prospettiva molto più ampia, e chiedersi ad esempio quale fosse la posizione delle donne durante la Prima Guerra Mondiale e quale sia quella odierna. I rapporti tra uomini e donne hanno subito un profondo cambiamento, e secondo me è un qualcosa che va avanti da secoli: un ribollire di magma sotto la crosta della cultura. Ci sono stati periodi in cui le donne non avevano voce, adesso invece quello che si sta vivendo è un momento vulcanico. L’eruzione è finalmente avvenuta e la colata di magma sta scendendo lungo le pendici del vulcano: consiglio quindi a chi si trovi nella traiettoria magmatica di scansarsi!”. Standing ovation per la ‘Dame’ Mirren.

Tornando al film, si può affermare che oltre a Jason Clarke – qui nei panni dello psichiatra Eric Price, chiamato a verificare lo stato di sanità mentale di Sarah Winchester – a far da coprotagonista nella misteriosa vicenda è proprio Winchester House. Già, perché quella casa così particolare piena di stranezze, dove l’illusione ottica si cela dietro ogni elemento architettonico, diviene il ‘personaggio’ attorno al quale si snoda l’intera narrazione. Non potendo girare le scene nella vera magione californiana, i due filmmakers hanno lasciato allo scenografo Matthew Putland l’arduo compito di ricostruire sul set (Melbourne, Australia) i diversi interni della villa. L’esito di questa difficile impresa è stato tanto notevole da far immergere gli spettatori in un’inquietante atmosfera escheriana dove il fasto degli accessori - lampadari, librerie, vetrate colorate… - e la maniacale cura per i dettagli ricreano a perfezione il senso estetico di Sarah e lo stile del primo ‘900. Helen Mirren, che ha visitato la vera dimora di San Jose, ha raccontato: “Sono stata in quella casa, ed è un edificio straordinario. Due minuti dopo essere entrati in quella specie di castello si rimane completamente disorientati, non si capisce in quale punto ci si trovi. Allo stesso tempo è però stato molto bello trovarsi in quel luogo, perché non va dimenticato che Sarah Winchester era una donna minuta, e girovagando tra quelle mura ho avuto come la sensazione di perlustrare una casa delle bambole con centinaia di porte, finestre, scalini e stanze. Tutto ciò mi ha fatto riflettere sulla persona di Sarah, della quale, essendo vissuta come una reclusa fino ai suoi ultimi giorni, non si hanno molte informazioni. Sappiamo però che indossava spessissimo un abito e un velo nero in segno di lutto, e che possedeva una grande energia creativa che ha profuso nella costruzione della sua dimora. Da un punto di vista psicologico credo che Sarah fosse un personaggio estremamente interessante, e cercare di capirlo e vestirne i panni era una sfida a cui non avrei mai saputo rinunciare.

Assistendo al lungometraggio, al pubblico non potrà certo sfuggire la più o meno velata critica verso l’uso delle armi che traspare dai dialoghi dei protagonisti, ma l’attrice shakespeariana ‘più brava al mondo’ (come è stata definita la Mirren dall’amico e collega di palcoscenico Sir Ian McKellen), sorridendo sostiene: “Questo è un film di puro intrattenimento e anche se narra la storia di persone decedute a causa delle armi, sarebbe pretestuoso innalzarlo ad altro. Per quanto riguarda il problema delle armi negli Usa, ma anche in tanti altri Paesi, non credo che al momento potrà essere risolto, perché vi è una vera e propria cultura delle armi, e non riesco neppure a trovare una giustificazione a ciò, a parte il fatto che arricchiscano smisuratamente i loro produttori! In tutto il mondo sono numerosissimi i Paesi delle aree più sviluppate che dovrebbero ritenersi colpevoli di tale situazione, e tra questi includo il mio, la Gran Bretagna, ma anche la Cina, gli Stati Uniti, la Germania, la Francia e l’Italia, che comprando e rivendendo armi guadagnano fior di quattrini. E’ troppo facile puntare il dito verso l’America, perché siamo colpevoli tutti. Non più di un mese fa ho letto una storia di bombe sganciate sullo Yemen che hanno procurato la morte di alcuni bambini e numerosi civili, bene, se non erro quegli ordigni erano di fabbricazione italiana. Ci tengo a sottolineare che siamo tutti colpevoli, e che ogni individuo dovrebbe avere la consapevolezza di quanto stia accadendo intorno a lui. Le bombe che i caccia sauditi hanno utilizzato negli attacchi aerei sulla zona yemenita sono effettivamente italiane, e mentre Helen Mirren si alza e ci saluta con gentilezza, non possiamo purtroppo fare a meno di ringraziarla per avercelo ricordato.