Il mondo dei robot: viaggio nella serie Transformers
In principio fu l’industria americana Hasbro che, nell’ormai lontano 1984, acquistò dalla giapponese Takara i diritti per vendere una serie di giocattoli trasformabili chiamati Micro Change e Diaclone, ribattezzandoli Transformers con il coinvolgimento della Marvel Comics. In seguito protagonisti di strisce disegnate e di una serie televisiva animata, quei magnifici robot alieni capaci di mutarsi in automezzi vennero poi portati sul grande schermo da Nelson Shin, il quale firmò nel 1986 il lungometraggio cartoon Transformers: The movie. Nettamente divisi, come di consueto, in buoni Autobot e malvagi Decepticon, continuamente in lotta per il futuro dell’universo, soltanto ventuno anni più tardi – grazie al notevole progresso verificatosi nel frattempo nell’ambito dell’effettistica digitale – hanno avuto modo di finire al centro della loro prima pellicola live action: Transformers, benedetta dalla produzione esecutiva di Sua Maestà Steven Spielberg e diretta dallo stesso Michael Bay che ne ha poi curati i quattro sequel.
In occasione, quindi, dell’arrivo in sala del non troppo esaltante Transformers – L’ultimo cavaliere, previsto in Italia per il 22 Giugno 2017, andiamo a rivisitare l’intero franchise.
Transformers (2007)
Interpretato da Shia LaBeouf, il giovane Sam Witwicky scopre con sorpresa che la Chevy Camaro del 1976 regalatagli dal padre è dotata di personalità propria. Con un ritmo che appare immediatamente incalzante, Transformers si sviluppa su due linee parallele: da un lato vengono affrontate situazioni da action movie militar-politico, dall’altro le imbranate imprese attuate dal protagonista – ignaro di essere l’unico ed assoluto responsabile della sopravvivenza degli esseri umani – al fine di conquistare la bella Mikaela alias Megan Fox. Fino al momento in cui le due diverse vie prese dallo script convergono, mostrandoci le affascinanti creature robotiche che cominciano a darsele di santa ragione tra strade e costruzioni rase al suolo, tanto che si prova la netta impressione di assistere ad una moderna versione ultratecnologica dei vecchi film di mostri giapponesi (e siamo più vicini alle spensierate avventure di Gamera che a quelle di Godzilla). E, mentre un bizzarro John Turturro impreziosisce ulteriormente un cast comprendente, tra gli altri, Jon Voight, Kevin Dunn e Josh Duhamel, non poco accentuata appare la venatura ironica che attraversa l’intero lungometraggio, tra un cameo del compianto comico di colore Bernie Mac ed esilaranti affermazioni (“Questo è 100 volte più fico di Armageddon” è sicuramente la battuta-citazione da ricordare). Con la risultante di un tanto coinvolgente quanto divertente elaborato al cui interno il dilungato fracasso finisce paradossalmente per assumere le fattezze di vera e propria musica per le orecchie. Musica destinata ad accompagnare un kolossal d’intrattenimento che, nonostante la massiccia presenza di innovativi effetti speciali da capogiro e di moderne tecnologie, richiama non poco alla memoria le atmosfere dei lavori proto-Spielberg risalenti agli anni Ottanta, con tanto di frasi e facile retorica da cartoon. Proprio quella che ci ritrasmette la gioia adolescenziale di assistere innocentemente, in maniera più o meno metaforica, ad un eterno dramma come quello della guerra.
Transformers – La vendetta del caduto (2009)
Se, come già accennato, sembrava quasi di trovarsi dinanzi ad una moderna versione ultratecnologica dei vecchi monster movie giapponesi nell’assistere ai pirotecnici scontri che vedevano protagonisti i buoni Autobot e i cattivi Decepticon nel capostipite, la medesima sensazione si prova in maniera ancor più accentuata all’inizio di questo Transformers – La vendetta del caduto; quando, prima di veder tornare in scena il giovane Sam Witwicky e la sexy Mikaela, a regnare è una lunga sequenza di combattimento ambientata sulle strade di Shangai.
Sequenza che, come quasi tutte quelle presenti nel lungometraggio, concede ovviamente non poco spazio agli effetti speciali, coinvolgendo da subito lo spettatore in cerca di emozioni perché, come vuole una più che collaudata legge della serialità cinematografica di genere, al primo capitolo spetta il compito di porre le basi e presentare spesso la struttura di un probabile prologo a una saga, mentre al numero due spetta portare ai massimi livelli la spettacolarità, facendo solitamente da ponte di celluloide verso un tre.
Quindi, mentre al cast si aggiunge Ramon Rodriguez nel ruolo di Leo, nuovo conoscente del protagonista, poco importa se l’unica novità introdotta dallo script risieda nel fatto che un Consulente della Sicurezza Nazionale desideri di controllare tutte le organizzazioni preposte alla difesa e di gestirne il potere, in quanto intento a chiudere la NEST, agenzia sorta al posto di Sector 7 e i cui componenti lavorano al fianco degli Autobot, perché convinto che le minacce di guerra appartengano ormai al passato.
Certo, rispetto al primo film siamo ad un livello nettamente inferiore, ma, trattandosi di un’operazione pellicola che prende il via da una serie di giocattoli, è giusto che il suo spirito preveda esclusivamente il facile divertimento, proprio come quando, da bambini, maneggiavamo instancabilmente robot e pupazzetti vari. E Bay questo sembra averlo capito alla perfezione, tanto che punta tutto sull’azione e supportato dal veloce montaggio ad opera di Roger Barton, Thomas A. Muldoon, Joel Negron e Paul Rubell.
Transformers 3 (2011)
Primo tassello della serie girato in tre dimensioni, promette azione ed eccellenti effetti digitali già a partire dal prologo, che anticipa le immagini del viaggio intrapreso da Neil Armstrong sulla Luna, all’inizio degli anni Sessanta. In questo caso, infatti, la vicenda raccontata svela che le missioni Apollo erano state in realtà organizzate dagli americani, all’epoca, per scoprire cosa accadde quando un’astronave degli Autobot si schiantò su un nostro satellite. E, fuori Megan Fox e dentro la televisiva Rosie Huntington-Whiteley nei panni di Carly, nuova fidanzata del protagonista Sam Witwicky alias Shia LaBeouf, il pericoloso nemico da affrontare per la salvezza del mondo è in Transformers 3 Shockwave, tiranno di Cybertron, man mano che Bay non dimentica, ovviamente, le sue tipiche esaltazioni del patriottismo a stelle e strisce e del machismo di stampo militarista. Pur senza rinunciare a tutt’altro che invadenti spruzzate d’ironia, mentre sembra quasi suggerire, tra l’altro, che i conflitti bellici possono essere scatenati in maniera tranquilla dal fraintendimento dell’affermazione che vuole la libertà quale diritto di tutti. Oltre a lasciar (intra)vedere una certa allegoria relativa alla pericolosità dell’evoluzione tecnologica ed a dare il meglio nel corso dei lunghi, spettacolari ed emozionanti momenti di scontro per le strade della metropoli. Al servizio di una terza avventura che, nell’intento di ribadire che l’essere umano può perdere fiducia nelle macchine ma mai in se stesso, sguazza con notevole senso del ritmo tra buone trovate volte alla spettacolarità (da antologia la sequenza del grattacielo in pendenza prossimo al crollo) e inaspettati risvolti di sceneggiatura. Fornendo le creature robotiche perfino di una certa umanità e presentando, quando necessario, i connotati di un vero e proprio incubo futuristico su pellicola.
Transformers 4 – L’era dell’estinzione (2014)
Sebbene già i primi tre episodi della saga presentassero diversi momenti facilmente associabili a moderne e costose riletture delle varie distruzioni metropolitane operate all’interno dei kaiju eiga, non si può fare a meno di pensare ancora di più al filone su celluloide dei lucertoloni godzilleschi nel corso dell’ultima parte di Transformers 4 – L’era dell’estinzione, quando ad agire sulle strade di Hong Kong troviamo addirittura i Dinobot, ovvero robot dalle fattezze di creature preistoriche.
Gli storici protagonisti del franchise Shia LaBeouf, Tyrese Gibson e Josh Duhamel vengono fatti fuori per tirare in ballo Mark Wahlberg nei panni di Cade Yeager, squattrinato ingegnere del Texas costretto a lottare per la propria sopravvivenza e per quella della figlia Tessa alias Nicola Peltz, dopo aver scoperto che gli Autobot sono in pericolo a causa di un malvagio piano escogitato da alcuni potenti americani in collaborazione con una fazione di automi dalle tutt’altro che pacifiche intenzioni. Piano che, in realtà, rappresenta una minaccia per l’intero pianeta e che Bay sfrutta al fine di dare un senso alla imponente battaglia destinata ad attraversare l’intera pellicola; a cominciare dall’inseguimento automobilistico da antologia che provvede ad introdurre il giovane pilota Shane, ovvero Jack Reynor, fidanzato della già citata Tessa. Ed è un plot di taglio spionistico e più intrecciato del solito a fondersi con dinamiche e scontri corpo a corpo tra comuni mortali che non avrebbero certo sfigurato in una delle missioni care all’intramontabile agente segreto 007. Man mano che le sequenze con le astronavi sembrano rimandare sia a Guerre stellari che a Independence day e che i colossi metallici protagonisti appaiono sempre più in qualità di versioni robotiche dei muscolosi eroi sfornati dal machismo reaganiano.