Hercule Poirot, Miss Marple e i classici di Agatha Christie nel cinema

Era un uomo davvero eccentrico. Non più alto di un metro e cinquanta, con un portamento dignitoso. La sua testa sembrava un uovo ed era inclinata sempre un po’ da un lato. I suoi baffi erano rigidi e militareschi. La pulizia e l’ordine del suo aspetto erano incredibili. Credo che un pulviscolo di polvere gli avrebbe causato un dolore pari a un colpo di pistola. Eppure quest’omino un po’ dandy che ora, mi spiace dover osservare, zoppicava leggermente, era stato un tempo uno dei migliori agenti della polizia Belga. Aveva un fiuto straordinario e si era conquistato una certa fama risolvendo i casi più inquietanti del tempo”.

Che si stia parlando di Hercule Poirot? Bien sur, mes amis, e di chi altri se non dell’investigatore uscito dalla penna della regina del giallo, nonché scrittrice tra le più influenti e prolifiche del XX secolo, Agatha Mary Clarissa Miller, nota come Agatha Christie? Il buffo omino dalle invidiate ‘celluline grigie’ che comparve per la prima volta nel 1920 tra le pagine di Poirot a Styles Court, opera d’esordio dell’autrice inglese (classe 1890), è diventato negli anni un’icona letteraria destinata a perdurare nel tempo, così come ‘immortale’ è anche la figura della simpatica e curiosa vecchina Miss Jane Marple: “Un vestito di broccato nero, molto schiacciato intorno alla vita. Un pizzo Mechlin era posto a fiocco sulla parte anteriore del corpetto. Indossava guanti di pizzo nero e una cuffia di pizzo nero sormontata da masse ammucchiate di capelli color neve. Stava lavorando a maglia - qualcosa di bianco, morbido e lanoso. Aveva occhi azzurri benigni e gentili.Osservò il nipote e gli ospiti di sua nipote con dolce piacere”.

Dopo Shakespeare, la Christie è l’autrice anglosassone più tradotta al mondo, e poiché l’industria cinematografica in quanto a scaltrezza non è seconda a nessuno... non si è lasciata sfuggire la ghiotta occasione di adattare per il grande schermo molti dei suoi romanzi. Con risultati non sempre soddisfacenti, in oltre un secolo di cinema le opere della ‘Dama del crimine’ sono state infatti le più rivisitate, imitate e omaggiate. Ad aprire le danze filmiche christieniane ci pensarono nel 1928 Julius Hagen e Leslie S. Hiscott con The Passing of Mr. Quin, seguito l’anno successivo dal lungometraggio tedesco di Fred Sauer Die Abenteurer G.m.b.H. (ispirato ad Avversario segreto), che vede come attore principale l’italiano Carlo Aldini. A rivestire per la prima volta i panni di Hercule Poirot, anche se privo di baffi, sarà però il britannico Austin Trevor in Alibi e in Black Coffee, entrambi diretti da Leslie S. Hiscott nel 1931, e in Lord Edgware Dies, di Henry Edwards, nel 1934. Da quel momento i film tratti dai lavori della Christie iniziarono a spuntare come funghi in autunno, ma alla Queen del mistero, donna estremamente colta e intelligente, non piacque nessuna di quelle trasposizioni, eccetto il mitico Dieci piccoli indiani (1945) di René Clair, e Testimone d'accusa (1957), capolavoro di Billy Wilder con Tyrone Power, Marlene Dietrich, Charles Laughton ed Elsa Lanchester, ritenuto dalla stessa Christie quale il miglior lungometraggio realizzato da una sua opera. E come darle torto? In questo legal thriller dal cast stellare, dove intrecci e capovolgimenti tengono lo spettatore incollato alla sedia fino all’ultimo fotogramma, la perfetta struttura narrativa è ciò che rende finalmente giustizia all’immensa abilità di scrittrice di Agatha Christie.

Il successo di critica ottenuto da Testimone d’accusa – in cui Wilder, pur di mostrare le splendide gambe dell'allora cinquantaseienne Dietrich, ideò un’intera scena basata su uno spettacolo di cabaret in un locale della Germania post guerra portò la Christie a fidarsi nuovamente del cinema e a firmare un contratto con la MGM. Ed è qui che entra in gioco il poker di pellicole degli anni ‘60 a firma George Pollock, con protagonista l’indimenticabile Margaret Rutherford nei panni di Miss Marple, che ebbe il triplo esito di: aumentare la notorietà dell’autrice, accrescere il gradimento del pubblico e… incrementare l’opinione negativa della Christie sugli adattamenti dei suoi racconti!
Già, perché sebbene Assassinio sul trenoAssassinio al galoppatoio, Assassinio sul palcoscenico (dove, nel romanzo, al posto di Miss Marple c'è Poirot) e Assassinio a bordo (inventato di sana pianta da un semi-sconosciuto sceneggiatore a nome David Pursall) restino indelebili nel ricordo di numerosi spettatori, per la regina del giallo furono invece film così detestabili da indurla ad affermare: “Non consiglierei mai a nessuno di andarli a vedere”. Sciolto il contratto con la Metro Goldwyn Mayer, la Christie si premurò dunque di mettere nero su bianco la clausola che dalla sua celebre opera Trappola per topi non sarebbe stato possibile fare alcun film, almeno fino a quando la commedia fosse rimasta in cartellone nei teatri inglesi: cosa che a oggi ancora avviene!

La gallina dalle uova d’oro smise quindi di interessarsi alle avventure della Settima Arte, ma seguitò però a scrivere, deliziando i propri fans e riempiendo le tasche dei suoi editori. Ora, non è una novità che in odor di guadagno i produttori cinematografici si trasformino in segugi di razza, e come tali inseguano la preda fino a stanarla. Ecco, questo è più o meno ciò che accadde tra Richard B. Goodwin, Lord John Brabourne e Agatha Christie. Il risultato? Assassinio sull'Orient Express (1974) di Sidney Lumet.
Inizialmente l’idea del film non partì con presupposti importanti, e fu soltanto per merito della presenza di Albert Finney nel ruolo di Poirot che si formò l’intero cast, e che cast: Lauren Bacall, Ingrid Bergman, Sean Connery, Anthony Perkins, Richard Widmarck, Vanessa Redgrave, Jacqueline Bisset, Michael York, Jane-Pierre Cassel, Martin Balsam, Wendy Hiller, Sir Arthur John Gielgud. Ben 7 di questi attori vinsero un Oscar nel corso della carriera, e la Bergman ottenne la sua terza e ultima statuetta proprio grazie al film di Lumet. Dotato di un'impeccabile messa in scena, di un ritmo fluido, di un perfetto equilibrio tra suspense, ironia e ricostruzione storica, Assassinio sull’Orient Express è un gioiello senza tempo, uno di quei diamanti montati all’antica che non ci si stanca mai di indossare. Finney, all’epoca trentottenne e di esile costituzione, faticò non poco per apparire simile al Poirot descritto dalla Christie, sottoponendosi ogni mattina a interminabili e stancanti ore di trucco, ma l’effetto finale fu così superlativo da rimanere fino ad ora l’unico Hercule Poirot candidato all'Oscar. Alla prima londinese del film assistettero sia Agatha Christie – ultima sua apparizione in pubblico – che Queen Elizabeth: due regine riunite dal fascino del whodunit.

Forti dello strepitoso successo tanto di critica quanto di incassi, Brabourne e Goodwin acquisirono i diritti di Assassinio sul Nilo e Delitto sotto il sole, ma i nodi vennero presto al pettine. I due produttori lamentavano infatti la scarsa attenzione prestata dall’autrice, come pure la sua totale mancanza di collaborazione. La verità era che la Christie aveva ormai raggiunto gli 85 anni e la salute non le consentiva di cimentarsi in un’impresa così gravosa: in effetti, mentre si stava ancora completando la sceneggiatura di Assassinio sul Nilo - e a distanza di soli 12 mesi dalla morte letteraria di Hercule Poirot (Sipario, 1975) - la scrittrice posò per sempre la sua magica penna, e passò a miglior vita. Le due pellicole vennero comunque girate: la prima uscì nel 1978 e la seconda nel 1982, dando vita a un nuovo Hercule Poirot, quello sornione di Sir Peter Ustinov, che ricoprirà lo stesso ruolo in numerosi altri film. Agli anni ‘80 appartiene anche il riuscito Assassinio allo specchio, interpretato da Angela Lansbury nelle vesti di Miss Marple, e da Elizabeth Taylor, Rock Hudson, Kim Novak, Tony Curtis, Geraldine Chaplin, Edward Fox e, in una fugace apparizione, dall’allora sconosciuto Pierce Brosnan.

Eppure, nonostante le lagnanze della Christie, ogni volta che una sua opera viene ritrasmessa in televisione, e sebbene già si conosca l’assassino, per noi comuni mortali si tratta di un momento di puro divertissement. Sì, è infatti impossibile resistere sia alla tentazione di immergersi in quelle atmosfere old british dove i vizi della nobiltà prevalgono sulle ipotetiche virtù, che a quella di scoprire attraverso l’osservazione di minuziosi dettagli i complicati meccanismi che porteranno alla soluzione del caso. Sarà forse per questi motivi che, dal 1989 al 2013, la serie tv Poirot interpretata da David Suchet, il re dei Poirot televisivi che nel 1985 era comparso a fianco di Peter Ustinov e Faye Dunaway come l'ispettore capo Jepp in Agatha Christie: 13 a tavola, è diventata un cult per i tanti amanti del genere giallo. Va rimarcato che negli ultimi anni l’assenza sul grande schermo di film ispirati a ‘Queen Agatha’ si è fatta molto sentire, anche se gli omaggi cinematografici non sono mai mancati, basti infatti pensare a The hateful eight, l’ultimo lavoro di Quentin Tarantino in cui una tempesta di neve costringerà otto personaggi a rifugiarsi in una claustrofobica, malandata e sperduta locanda dove nessuno potrà sentirsi in salvo…

Con Mistero a Crooked House e il remake di Kenneth Branagh di Assassinio sull'Orient Express (qui il geniale omino dalla testa a uovo ostenta un paio di baffoni da generale austroungarico!), il 2017 cerca di mettere una toppa a questa carenza cinematografica con prodotti di un certo livello, ma, almeno per chi scrive, il risultato appare deludente. Se nel primo dei due titoli si nota un taglio fastidiosamente televisivo, oltre che una soporifera lentezza ritmica, nel secondo invece (visivamente ineccepibile) il danno è maggiore: lo scarso spessore drammatico dei personaggi, a parte quello di Poirot che interpretato dallo stesso Branagh diviene unico eroe di una storia nata originariamente per essere corale, mina purtroppo l’intera opera.

Certo, è pur vero che chiamarsi Sidney Lumet o Billy Wilder ... non è proprio da tutti.