Festival Internazionale del Cinema Fantastico di Sitges: giorno 4

Il 50° Festival Intenacional de Cinema de Catalunya ha tenuto a battesimo l’anteprima mondiale del terzo film dell’uruguaiano Guillermo Amoedo, El habitante. Poco più di novanta minuti per raccontare la disavventura di tre sorelle che di notte s’introducono nella villa di un senatore per appropriarsi di una consistente somma di denaro. Il politico ne è entrato in possesso truffando. Le sorelle, che ne hanno disperatamente bisogno, sentono anche di commettere un atto di giustizia sociale. E il colpo sta per riuscire: hanno legato moglie e marito, hanno preso i soldi e si avviano verso l’uscita quando odono gemiti provenienti dalla cantina. Scoprono una ragazza legata a un letto e con apparenti segni di tortura. La liberano e la mostrano al senatore che tenta di dire che la figlia è malata e che quello è l’unico modo per curarla. Che prendano i soldi e che se ne vadano, ma lascino a lui la cura della ragazza. Le sorelle, però, vogliono vederci chiaro e incappano in una vicenda più grande di loro che le travolgerà. La ragazza, infatti, è indemoniata. Assumerà molti aspetti e le coinvolgerà in un gioco di morte. Prodotto dal Messico e interpretato da Maria Evoli, Vanesa Restrepo, Natasha Cubria, il film si avvale della tensione derivante dal pericolo incombente in un ambiente chiuso e dalla determinazione delle sorelle di ergersi a paladine del bene in uno scontro che le vede invischiate nella lotta in famiglia tra genitori consapevoli e una figlia posseduta dal male.  

Ambiente chiuso anche quello di A Ghost Story (Storia di un fantasma) del regista texano David Lowery che torna con i suoi due protagonisti di Senza santi in paradiso, Casey Affleck e Rooney Mara. L’attore, però, si vedrà molto poco perché muore dopo la prima scena, a letto con la moglie, e reciterà poi sotto un lenzuolo. Il film, di 93 minuti, è girato sullo schermo quadrato delle origini, e narra la solitudine del fantasma che non può uscire dalla casa e che assiste, senza esser visto, alle azioni quotidiane della sua vedova. Molte le scene fisse con riprese in tempi reali, e molti gli spettatori che hanno lasciato la sala durante la prima mezz’ora di proiezione. Per chi è rimasto, da rilevare l’originalità del fantasma che nessuno vede e che lo spettatore segue nei suoi movimenti indovinando i sentimenti che il lenzuolo nasconde.

  Novembre è il mese dei morti, e il regista estone Rainer Sarnet lo celebra ispirandosi al romanzo popolare Rehepapp del suo conterraneo Andrus Kivirähk. Girato in bianco e nero in un paesaggio innevato, November è ambientato inizio Ottocento in una campagna dai rituali pagani dove sembrano convivere uomini e lupi, vivi e morti, streghe e sacerdoti, e strani oggetti animati che intervengono nelle questioni quotidiane. Dura 114 minuti e si apre in una sorta di caos medievale con personaggi sudici e affamati che devono proteggersi dal duro inverno, che vivono nel timore della peste e che spesso rubano per sopravvivere. Molti vendono l’anima al diavolo e creano fantocci simili a totem che devono proteggerli. Così fa il giovane Hans, invaghito da una nobile che vive nel castello, e che finirà per incontrare Liina, la fanciulla del villaggio che lo ha sempre amato, ma non potrà esserci amore senz’anima. Il demonio la reclama: Hans muore e Liina lo raggiunge sul fondo del lago. Questo per grossi tratti il filo conduttore del film che mette in scena molti personaggi, la cui descrizione diventa lineare nella seconda parte della storia. Rea Lest, Jörgen Liik, Heino Kalm sono tre dei protagonisti di un film singolare, corredato da splendide immagini in bianco e nero, da un sorprendente montaggio e da una sapiente fotografia (Mart Taniel). La produzione è firmata da Estonia, Olanda e Polonia.

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