Festival Internazionale del Cinema Fantastico di Sitges: giorno 1

Senza privilegiare alcuna sezione, i primi film visti al 50° Festival Internacional de Cinema Fantàstic de Catalunya vengono dall’Oriente. Il più sgangherato, ma non per questo meno interessante, è l’opera prima del regista indiano Shanker Raman, già direttore della fotografia e sceneggiatore. Gurgaon, titolo del film e nome della città dove si svolgono i fatti, dura 107 minuti. Kehri Singh, giovanotto ambizioso e capo di una banda di giovani criminali, vorrebbe costruire un centro commerciale, residence e alberghi, su un terreno di proprietà della sorellastra. In debito con un’altra banda, Kehri chiede al padre di finanziare il progetto, e soldi per saldare i conti. Il padre, però, lo considera frustrato e senza idee, e preferisce sostenere il progetto della figliastra architetto che ha disegnato un centro educativo.

  Privo si scrupoli e di sentimenti, Kehri decide di far sequestrare la sorellastra e di chiedere un riscatto al padre. Determinato, ma incapace, assolda uno sbandato che, con l’aiuto del fratello, rapisce la ragazza. Il fratello complica il lavoro del rapitore che dà fuori di testa, aggredisce un addetto al traffico e viene ferito. Il padre chiede a suo fratello di consegnare il denaro per il rilascio della ragazza e la faccenda si complica. Il racconto ondeggia tra presente e passato, illustrando il senso di colpa del padre che si era liberato di una figlia indesiderata seppellendola viva e per questo rompendo qualsiasi relazione col fratello. Poi un indovino gli aveva detto che l’unica via per ritrovare la pace era quella di adottare una figlia, e da allora la figliastra è diventata la luce dei suoi occhi. Lasciando scoprire allo spettatore  scontri, uccisioni, sotterfugi, violenze e ribaltamenti di campo, va detto che il film si avvale di un sostenuto ritmo narrativo e che è disseminato di spunti divertenti, la maggior parte sfuggiti al regista.

  Per quanto ambientato a Copenhagen e diretto da Fenar Ahmad, nato nel 1981 in Cecoslovacchia, Underverden (Darkland) mette a fuoco lo scontro tra bande armate di arabi di prima e di seconda generazione. Protagonista è Zaid, rinomato chirurgo, sposato e in attesa di un figlio, il quale si rifiuta di pagare i debiti che il fratello Yasin ha contratto con una banda. Ha una festa in famiglia e dice al fratello di parlarne il giorno dopo. Sarà troppo tardi. Davanti al cadavere del fratello, Zaid è oppresso da un profondo senso di colpa e decide di vendicare la sua morte. Dice alla moglie di doversi trattenere in ospedale, e spostandosi di notte in motocicletta porta scompiglio e morte nella banda criminale. Il film dura 113 minuti e illustra un serrato gioco di massacro che si svolge dall’inizio alla fine con continui ribaltamenti di campo e con un giustiziere che si gioca tutto per compiere la sua vendetta.

  Se i fan non dovessero rimaner soddisfatti dei crimini e delle violenze dei due film appena citati, tanto varrà vedere il sudcoreano The Villainess, quarto film di Jung Byung-gil di 129 minuti che offre un centinaio di morti violente nei primi dieci minuti. Il film, che era fuori concorso a Cannes, narra la vicenda di una ragazza addestrata fin dalla pubertà ad assassinare senza pietà. Assoldata dal capo del servizio informazioni, accetta di servire per dieci anni in cambio di un vitalizio e di una nuova identità alla scadenza del contratto. Senonché due uomini del suo passato la ritrovano sotto la falsa identità e le cose non andranno come previsto. Girato con larghi mezzi, lo spettacolo è assicurato, ma stiamo parlando di morti violente!

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