Festival di Venezia #76 chiude i battenti tra i tanti volti di una società ferita - Panoramica sui film premiati
Si chiude un altro festival lagunare ricco di bei film e di tante belle sorprese. In un’edizione preannunciata molto ricca e che non ha di certo disatteso le aspettative, il palmares dei premi è stato, sotto molti punti di vista, sorprendente e meritevole. In assoluto, vincono il senso di ribellione e la resilienza nei confronti di un mondo oppressivo, vince la voglia di libertà contro le parabole predeterminate della vita e le limitazioni sociali e culturali, e vincono, anche, l’amore per la vita e per la tolleranza, nei confronti del prossimo. Messaggi e moniti di umanità che dovremmo portare a casa con più cura di ogni altra cosa.
Un festival forse non troppo omogeneo dal punto di vista della forma (con una forbice di generi che ha spaziato dal presunto cinecomic di Joker alla crudezza neorealista e pervasiva del film ceco The painted bird, passando per i film in costume (il J’accuse di Polanski o il nostro Martin Eden) e la commedia drammatica (il bellissimo Marriage Story di Noah Baumbach), ma molto a fuoco dal punto di vista dei contenuti. E in un mondo che appare sempre più fatalmente ego riferito e cieco di fronte ai drammi umani, indifferente di fronte alle catastrofi ambientali, il cinema contemporaneo recupera ancora una volta la voce di ciò che non deve essere ignorato e ciò che non va dimenticato, mostrando infine i tanti volti di una società inibita e ferita ma pronta, in qualche caso, alla riscossa. Che sia la storia o il nostro tempo contemporaneo poco importa, quel che conta è come sempre la valenza del messaggio.
E in questo senso il Leone d’Oro miglior film al Joker di Todd Philips, un film atipico per una vittoria ancora più sorprendente e atipica, è la ratificazione della bellezza del dolore, della ribellione degli ultimi, la vittoria di una maschera eroica che supera i confini spazio temporali per ribellarsi ai soprusi e alla propria condizione. Un film bellissimo che porta a casa giustamente il premio più importante e che si appresta, anche, nel prossimo futuro, a fare incetta di premi per la straordinaria interpretazione di Joaquin Phoenix nei panni di Joker e per la profondità di sguardo con cui Philips abbraccia e celebra la bellezza del suo antieroe “di periferia”.
Leone d’argento per la miglior regia va - a nostro parere meritatamente - al film About Endlessness di Roy Andersson già vincitore a Venezia 2014 con il film Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza. Ancora una volta portavoce di un cinema rarefatto ed esistenzialista, apparentemente sghembo ma in realtà assai aderente alla realtà di tutti i giorni, capace di coniugare la pura astrazione alle dinamiche quotidiane, Andersson scioglie delle elucubrazioni sull’infinito che hanno il doppio volto di una risata amara e di un ghigno grottesco. Con una voce fuori campo a narrare le gesta umane più ordinarie o stravaganti “ho visto un uomo, ho visto una donna…” il regista svedese trova qui un lirismo ancora più pregnante, legato a doppio filo all’immagine centrale di quei due amanti avvinghiati e in volo su una città decadente. Gioie e dolori, risate e lacrime della vita riassunte in tante piccole scene alla maniera del regista, ma con un equilibrio di registri e una capacità di messa in scena di indubbio valore artistico.
Altrettanto meritato il premio Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile che va a Luca Marinelli per il suo Martin in Martin Eden di Pietro Marcello. Nell’adattamento dal capolavoro omonimo di Jack London Pietro Marcello vince la sua sfida e lo fa per buona parte anche proprio grazie a un Luca Marinelli profondamente in parte, capace di vestire la parabola di un uomo in cerca del proprio riscatto umano e sociale. Nelle ombre e nei dolori del giovane Martin si nascondono infatti tutti i dolori di chi si sente inadeguato, non all’altezza, incompiuto, e si lancia dunque in percorsi di riconquista che forse non gli appartengono nemmeno del tutto, ma sono necessari per provare a superare quel sentimento principe di inadeguatezza. Un’inadeguatezza avvolgente che Marinelli incarna bene dando vita a un Martin Eden pieno di contraddizioni e insicurezze, un Martin Eden umano e molto contemporaneo.
Gran premio della giuria al J’accuse di Roman Polanski, che al netto delle polemiche che hanno coinvolto il regista e le solite ombre legate al suo passato, si è rivelato film di ottima fattura capace di riportare su grande schermo una interessante quanto inquietante pagina di storia, ovvero l’affare Dreyfus. Accurato nella regia e nella messa in scena, con un cast capace di fare la differenza, e veicolo della battaglia alle facili colpe che parlano sempre di più la lingua del razzismo e dell’antisemitismo, J’accuse è di sicuro uno dei film più interessanti e compiuti di questa edizione 2019.
Largamente apprezzato e condiviso anche il premio Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile ad Ariane Ascaride, per il film Gloria Mundi, un film che ha diviso la critica ma che ha riscosso comunque il plauso di molti.
Sul fronte premi anche qualche nota dolente. Meno condivisibile, infatti, il Premio per la miglior sceneggiatura andato a Yonfan per il suo film No. 7 Cherry Lane, una sorta di racconto d’animazione amoroso ed erotico che mescola insieme varie suggestioni per narrare su più livelli (onirico, fiabesco) di slanci amorosi che si fondono in una dimensione letteraria e poetica. Un film suggestivo ma, di fatto, non particolarmente incisivo, specie dal punto di vista della scrittura.
Rammarico, infine, per l’uscita dalla scena a mani vuote di Noah Bamubach con il suo bellissimo Marriage Story, un film che senza dubbio meritava un qualche premio e che vanta la qualità di una scrittura brillante unita alla bellezza di un’emotività sincera, affermata nella lotta dolorosa tra due genitori ed ex amanti alle prese con una separazione difficile e struggente.
Gli altri premi:
Premio Marcello Mastroianni (a un attore emergente): Toby Wallace, per il film Babyteeth
Premio speciale della giuria: La mafia non è più quella di una volta, di Franco Maresco
Miglior film della sezione Orizzonti: Atlantis di Valentyn Vasyanovych
Premio Leone del futuro per la miglior opera prima: You will die at 20 di Amjad Abu Alala
In conclusione, un’edizione ancora una volta degna di nota che si chiude con tanti bei film visti, e anche la gioia collaterale di aver partecipato a una dozzina di giornate immersi nella solita furia di incastri, tempismi record, full immersion in quel del Lido tra pedalate, caffè, spritz e tutto ciò che, oltre ai film, va in scena e (anche) fuori scena durante un festival, una dimensione davvero più unica che rara per chi coltiva – nel bene e a volte anche nel male – la grande e infinita passione per il Cinema. Per dirlo con le parole di Andersson, about endlessness…
Grazie a tutti quelli che ci hanno seguito e alla prossima!
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