Conosciamo la redazione. 2010-2019, un decennio di Cinema: Directors, best of 10 years by Elena
Non è mai facile stilare una classifica di miglior film specie se si parla di un decennio (2009-2019) ricco, vissuto appieno e con inossidabile slancio tra festival e affini. Eppure, nel grande oceano di proiezioni viste, tra film che scivolano via senza lasciare traccia e altri che tendono a lasciare un loro segno, ce ne sono alcuni che davvero hanno rubato mente e cuore, sono rimasti impressi nella memoria anche a distanza di tempo. E questi sono dunque film che svelano la qualità e la sensibilità di registi che hanno tanto da dire e da comunicare, e sanno farlo nel migliore dei modi. In questa top, un breve excursus di quei registi e di quei film che consigliamo calorosamente, e che in quest’ultimo decennio ci hanno saputo (o almeno alla sottoscritta) colpire al cuore. Bang bang.
E allora ecco i dieci nomi, più qualche menzione speciale, dell’ultimo decennio, in compagnia dei loro film migliori e più suggestivi. Una carrellata che include una dozzina di registi di cinema perlopiù d’autore che con opere davvero memorabili hanno saputo contraddistinguere e caratterizzare questo ricco decennio cinematografico, trasponendo su grande schermo le tematiche scottanti e i valori di una società in perenne cambiamento, spesso e volentieri (ahinoi!) cieca di fronte all’altrui sofferenza. Il vento dell’est spadroneggia, ma anche in casa francese e italiana le sorprese non mancano.
Menzioni speciali
Italia (cose di casa)
Il premio Speciale di casa Italia va a una manciata di registi che hanno saputo letteralmente sorprendere la nostra cinematografia in generale un po’ “stantia”.
Marco Bellocchio (Il traditore - 2019)
In primis, il recente Il traditore di Marco Bellocchio, film dal linguaggio e dalla messa in scena rivoluzionaria che con un grande Pierfrancesco Favino ha riletto il mondo della mafia a un livello di umanità e intimità del tutto nuove e sorprendenti. Plauso dunque al regista Bellocchio che nonostante la lunga carriera riesce ancora a rinnovarsi e reinventarsi con questa qualità. Uomini d’onore e di valore.
Matteo Garrone (Dogman - 2018)
Non da meno il Dogman di Matteo Garrone, film capace di riscrivere il profilo di un personaggio di cronaca ricreando, attraverso anche la rivelazione del personaggio Marcello Fonte, un immaginario crudissimo calato in un surrealismo di miseria e criminalità senza via di fuga. La rivoluzione degli oppressi.
Alice Rohrwacher (Le meraviglie - 2014, Lazzaro felice -2018)
Altra menzione speciale per una regista giovane e dal talento indiscusso che con il suo stile, poco italiano e molto francese, e che con il suo realismo magico ha saputo portare una ventata del tutto nuovo nel cinema italiano. Si tratta di Alice Rohrwacher, giovane e accorta autrice che nella sua breve ma già notevolissima filmografia ha dato nuova linfa a rappresentazioni di realtà che filtrano il reale attraverso la magia, regalano la sospensione e la rarefazione dello sguardo. In particolare, con Le meraviglie e Lazzaro felice, apprezzati e compresi forse più oltralpe che qui da noi, la Rohrwacher ha confermato la sensibilità del suo occhio e la lucidità della sua regia. Meraviglia.
Moretti (Mia madre - 2015, Santiago, Italia - 2018)
Infine, un plauso sincero a un regista che non ha certo bisogno di presentazioni e che con il suo proverbiale ed eloquente “cinismo buono” dagli anni ’80 in poi ha coniato un vero e proprio registro “morettiano”. “Mi si nota di più…” Con Madre e Santiago, Moretti conferma in questi tempi “moderni” l’incredibile tenerezza del suo sguardo, la lucidità della sua verve documentaristica, riportando a memoria d’uomo micro e macrostorie che incrociano l’esistenza umana proprio nei loro punti di maggiore delicatezza: affetti, dignità e solidarietà.
Miglior esordiente
Kantemir Balagov (Tesnota - 2017, La ragazza d’autunno - 2019)
Talentuoso allievo di Sokurov, questo regista russo giovanissimo (classe 1991) è una stella nascente nel mondo del cinema. Con la sua strabiliante opera d’esordio Closeness che narra di prossimità famigliari e affettive controverse e poi con la notevolissima opera seconda che intreccia traumi di guerra e femminilità abusate e negate, Balagov scava nella tensione più viscerale dell’animo umano e grazie a un cinema realissimo e vivo, rende giustizia alle storie di protagonisti affamati di cibo e desideri, barattati alla stregua di “cose”, intrappolati in una vicinanza umana che è spesso lontananza siderale dal senso di solidarietà. Esordio illuminato.
Equilibrio perfetto
Noah Baumbach (Storia di un matrimonio – 2019)
Ultima menzione speciale per il regista americano Noah Bamumbach che in particolare in quest’ultimo decennio ha parlato di giovani quasi adulti, in lotta verso la loro identità adulta e consapevole maturità. Con Storia di un matrimonio, Baumbach ha però trovato l’apice filmica di questa sua strenua ricerca, e con un film in perfetto equilibrio tra comico e drammatico, un Kramer contro Kramer dei tempi moderni, ha raccontato l’amore dopo il fallimento, la famiglia dopo la diaspora della coppia. Grandi attori (Scarlett Johansson, Adam Driver, Laura Dern) al servizio di un grande regista capace di (de)scrivere la vita (anche) nella sua drammatica ilarità. Family life.
Top ten registi internazionali
10. Abdellatif Kechiche (La vita di Adele – 2013, Mektoub, My Love: Canto uno e due – 2017, 2019) – Sul fondo (ma dal livello altissimo) di questa classifica spicca il nome di un regista tunisino naturalizzato francese che in quest’ultimo decennio ha sollevato dibattiti, sconcerto e molte polemiche, ma che con La vie d’Adele prima e Mektoub My Love dopo ha portato alla ribalta un cinema che è flusso di coscienza, un fluire naturale e in tempo reale di sensazioni ed emozioni, spesso legate alla condizione viscerale dell’amore. Venerato o bistrattato è senz’altro uno degli autori chiave di questo decennio, e ancora in futuro lo sarà. La verità senza filtri del cinema.
9. Damien Chazelle (Whiplash - 2014, La La Land - 2016)
Giovanissimo regista statunitense dalle doti registiche indiscusse, Damien Chazelle ha fatto valere il suo nome da subito, prima con il bellissimo Whiplash e la sua crudissima storia di formazione musicale e professionale, e poi con l’acclamato La La Land, un musical non proprio musical, romantico e nostalgico ma capace senza mezzi termini di descrivere la dimensione amorosa e i suoi inaspettati bivi con ritmo e tenerezza, calore e musicalità. Un altro regista da tenere d’occhio negli anni a venire. Vita in musica(l).
8. Cristian Mungiu (Oltre le colline - 2012, Un padre e una figlia - 2016)
All’interno di una cinematografia rumena che grazie alla sua Nouvelle Vague si sta facendo valere nel cinema internazionale, Cristian Mungi con tutti i suoi film - e in particolare Oltre le colline e Un padre e una figlia - ha evidenziato l’occhio critico di una società ancora incerta e limitata, controversa e corrotta, religiosa oltre il bigotto, stretta tra il tentativo di rinnovo e sviluppo e il retaggio conservatore politico e sociale che ancora le tarpa le ali sociali comunitarie. Usi, costumi e mala-società.
7. Xavier Dolan – (Mommy - 2014, Matthias & Maxime - 2019) In maniera simile, anche se con stile diverso, alla collega francese Céline Sciamma, il canadese Xavier Dolan ha raccontato nei suoi film l’esplosione di sentimenti che non possono più restare implosi. Nella bomba emotiva di Mommy o nel deflagrare lento di Mathieu e Maxime, Xavier Dolan, regista rivelazione di questo decennio, ha esaltato un cinema viscerale che esplode le emozioni subordinandole a un inconscio che a volte implode e spesso esplode. Vero talento, il suo cinema di “pancia” ha scardinato il senso del ritmo e dell’inquadratura, aprendo il varco a un’arte viva e vitale che si nutre di malessere o di gioia repressa, ma che è pur sempre condizione essenziale dell’esistenza umana. Esplosione in film.
6. Céline Sciamma (Tomboy - 2011, Ritratto di una giovane in fiamme - 2019) – La delicatezza rara di una regista che racconta la scoperta della propria identità, e interiorità sessuale con straordinaria eloquenza. Dal coming out algido e introverso di Tomboy a quello focoso e crescente di Ritratto di una giovane in fiamme, Céline Sciamma avvolge e svela i suoi protagonisti con una mano abile e un’emotività sincera che sprigiona delicata, come schizzo su tela, da ogni suo film, convergendo dolore e ardore di sentimenti controllati ma sempre in procinto di esplodere. Tra pulsioni ed emozioni.
5. Bong Joon-ho (Parasite - 2019)
Film rivelazione di questo 2019, il Parasite di Bong Joon-ho abbraccia la tematica sempre molto scottante del cinema coreano di classi sociali lontane e divisive, la forbice netta tra ricchi e poveri che separa sordidi scantinati di fogna da lussuose e risplendenti magioni. Con un film che mixa generi e personaggi, categorie sociali e umane, che fonde dramma sociale e horror, Bong Joon-ho esercita con Parasite una critica durissima alle iniquità sociali, che poi sfocia nella voglia di emancipazione crudele, e richiama all’appello la vera natura umana così come il dramma di un’umanità fondamentalmente egoista e solipsista. Un grande film dalla geometria perfetta. Parassiti per necessità.
4. Ken Loach (I, Daniel Blake – 2016, Sorry We Missed You - 2019)
L’emotività travolgente che passa attraverso un realismo tangibile sono da sempre i punti di forza del cinema del sociale firmato dal maestro Ken Loach. Un cinema che non ha mai perso il suo smalto, e che anzi in questi ultimi anni ha ritrovato una voce forse ancora più viva e contemporanea, raccontando tragedie odierne di esistenze indigenti e alla deriva. Con I, Daniel Blake e Sorry We Missed You Loach ha disegnato personaggi di una bellezza eterna, etera ma realissima, travolti dalla loro fragile umanità e circondati da un mondo che spesso non sembra avere pietà di niente e nessuno, e che tira dritto contando solo sui numeri di un profitto e di un business che travolgono il singolo e la propria sensibile individualità. Solidarietà (per) sempre.
3. Alfonso Cuarón (Gravity - 2013, Roma - 2018) – Orbitando tra satelliti o tra le macerie umane e sociali di un quartiere che è scena del proprio retaggio autobiografico, il messicano Cuarón esamina rapporti e legami, sviscera l’essenza di esistenze umane che più vanno verso la tragedia più assumono la stessa fisionomia tra loro. Tra perdersi nello spazio infinito o ritrovarsi nelle piaghe di un quartiere medio borghese che assume forme e misure a seconda della prospettiva dalla quale lo si guarda, il regista messicano muove la sua riflessione sull’uomo che abita spazi, infinitamente grandi o infinitamente piccoli, ma che finisce inesorabilmente in un perdersi e ritrovarsi che è ricerca incessante del proprio essere. Gravitando dalle parti della vita.
2. Pawel Pawlikowski (Ida - 2014, Cold War - 2018) – Nel rigore formale di un cinema che è estetica pura ma anche fine psicologia, il polacco Pawlikowski condensa l’emozione drammatica di personaggi che si portano dentro la storia, la politica, l’affanno e l’afflato sociale. Con due film dall’immagine a un tempo estasiante e rivoluzionaria, il regista polacco racconta la macrostoria fondendola nelle microstorie di anime devote a un voto religioso o a un amore impossibile. Un bianco e nero che è vibrante di colori e di passione e che tanto in Ida quanto ancora di più in Cold War esercita la parola della vita e scrive le storie di un destino inoppugnabile. Un’estetica magistralmente eloquente.
1. Andrei Zvyagintsev (Leviathan - 2014, Loveless - 2017) - Con due capolavori assoluti come Leviathan e Loveless il regista russo dal nome impronunciabile Andrei Zvyagintsev agguanta la vetta di questa top ten registi 2009-2019. Sviscerando ombre e cunicoli bui di una Russia gelida e iniqua dove la speranza viene schiacciata dalla crudeltà e dall’oppressione, Zvyagintsev ha ritratto con Leviathan e Loveless la complessa grammatica delle ingiustizie sociali e divine che circondano e affliggono il nostro mondo senza scrupoli, defraudato di valori, tragicamente ritratto da un mare che ingoia e affoga tutte le brutture del mondo, e da un paesaggio desolato e muto di ghiaccio e nevi perenni. Emozione pura.
0. Todd Phillips (Joker - 2019)
La vetta più simbolica che reale di quest’ultimo decennio va a un film che ha senza dubbio colpito e sorpreso, ma infine convogliato consensi da ogni angolo del globo e da parte di un pubblico più che variegato, e che racchiude un po’ tutto il senso di generale di inadeguatezza, debolezza, fallimento e difficoltà relazionale che hanno saputo raccontare in un modo o nell’altro tutti i film di questa classifica. E così questo Joker, pur essendo il film meno raffinato e autoriale di tutti, e non essendo realmente primo per qualità ma avendo dal suo canto una forza di contenuti e simbolismi assoluta, assurge un po’ a simbolo di rivolta ante litteram e a capitano di questa classifica che in fondo e in primis rappresenta un cambiamento dal basso, e che come sempre parte dalla presa di coscienza della realtà sociale in cui si muove. Come il Joker di cui narra, infatti, in bilico tra cinecomic e dramma sociale, il film di è stato la rivelazione di quest’annata e non solo. Un’opera che ha qualità autoriali molto meno sopraffine di tutti i colleghi elencati qui sopra ma che ne racchiude (nel bene e nel male) tutto il cuore di una consapevolezza umana e sociale che deve operare nella direzione di una necessaria inclusione del prossimo, dell’altro, del meno fortunato.
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