Con "The Unorthodox" ha inizio la 35a edizione del Jerusalem Film Festival
Gli amici della cineteca devono essere numerosissimi se si considera l’affluenza di ieri notte al Gala d’apertura del 35° Jerusalem Film Festival nell’enorme cavea all’aria aperta che si espande ai suoi piedi. Numerosi anche i registi, gli attori e i giornalisti stranieri venuti a festeggiare i 35 anni di un’istituzione che dal 26 luglio al 5 agosto presenta duecento film provenienti da tutto il mondo. Dall’Italia, in concorso il film di Matteo Garrone Dogman; in altre sezioni: Lazzaro Felice di Alice Rohrwacher, Euforia di Valeria Golino, Ferrante Fever di Giacomo Durzi, Nico, 1998 di Susanna Nicchiarelli.
In mattinata, una lunga mattinata prima dell’inaugurazione, la cineteca ha presentato Les misérables di Henri Fescourt, film di sei ore del 1925, recentemente restaurato, considerato la migliore trasposizione del capolavoro di Victor Hugo. Tornando al Gala d’apertura, va ricordato che c’è sempre un Sud più al Sud di tanti Sud. Prevista per le 20.00, la presentazione degli ospiti è cominciata dopo le 21.00 e il film dopo le 21.30. Col contributo del vento della sera e sotto un cielo di stelle sembrava di assistere a un’immensa kermesse paesana dove tutti si conoscevano e si ritrovavano. Certo, si dovevano riempire cinque o seimila poltrone e i controlli all’entrata erano molto efficienti.
La presentazione, in israeliano e in inglese, è stata accolta da calorosi applausi, e in particolare il regista esordiente Eliran Malka col suo film fuori concorso The Unorthodox (Non ortodosso), che si svolge a Gerusalemme e che tra il serio e il faceto disserta sugli intrallazzi della politica. Incentrato su confessioni religiose all’interno di quella ebraica, il film si apre con un personaggio stravagante, il vedovo Yakov Cohen, estroverso e sanguigno, che gestisce una piccola stamperia a conduzione familiare e che s’infuria quando la figlia adolescente viene espulsa da scuola per ragioni etniche.
Accompagnato dalla figlia s’introduce nella scuola e prende di petto molti insegnanti fino a scontrarsi con la maggiore responsabile che gli spiega perché il comportamento della studentessa non corrisponde alle regole della scuola. Il problema è che Yaakov non è un ebreo ortodosso, ma un sefardita che permette alla figlia comportamenti proibiti agli altri allievi. Dapprima decide di punire la ragazza facendole pulire la stamperia, poi intravvede la possibilità di ottenere una rivincita mettendosi in politica per ottenere una carica nell’amministrazione della città. E non lo può fare da solo perché la tradizione richiede l’appoggio di personaggi noti e l’avallo dei rabbini. A questo punto si mette alla ricerca di persone pronte a scommettere con lui. E le trova, ma alla fine di una lunga cavalcata emerge un antico problema: di chi ci si può fidare?
Interpretato da Shuli Rand, il protagonista è come un uragano che coinvolge tutti impegnando tutto ciò che possiede. Lo si vede aumentare le tirature degli affissi pubblicitari, affittare camioncini per la diffusione della pubblicità, ma anche, nella raccolta delle firme, aggiungerne qualcuna di troppo. Un primo successo gli permette di lasciare la corsa per il Comune e di candidarsi alla Knesset, ma alla fine vinceranno gli amici della sua coalizione che hanno operato nell’ombra. Il film dura 92 minuti. Si apre in maniera roboante con un protagonista all’assalto, poi diventa sempre più un film dialogato sugli intrighi e sugli inganni della politica.
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