Cinelatino, 31es rencontres de Toulouse: giorno 4
Dopo Miriam Lies (Miriam miente) della dominicana Natalia Cabral e dello spagnolo Oriol Estrada, film in concorso a Karlovy Vary da dove ne abbiamo scritto, restano tre film in concorso a cinelatino, rencontres de Toulouse: due esordi e un secondo film. Direttamente da Malaga, dove è stato presentato la settimana scorsa, l’opera prima del ventinovenne cileno Juan Cáceres, Perro Bomba, (Cane bomba), che nel gergo carcerario cileno sta per “il sacrificato”. Parla dell’emigrazione interna all’America latina, da Ecuador e Perù verso il Cile, ma anche da Haiti dove gli abitanti parlano una lingua creola derivata dal francese. A Santiago vive una comunità di neri che si appoggiano sulla chiesa locale e che svolgono lavori umili e spesso faticosi. Steevens è tra questi. Giovane leale e discreto, lavora nelle costruzioni. Quando riesce a far assumere un amico d’infanzia che non parla spagnolo, è felice. Senonché uno scherzo dei colleghi al nuovo arrivato provoca l’ira dell’imprenditore che gli grida “sporchi negri” provocando la sua reazione. E perde il lavoro. Non solo, ma il silenzio dell’amico sulle ragioni dell’accaduto, ne fanno l’unico colpevole e viene espulso anche dalla comunità haitiana. Durante ottanta minuti il film descrive le peregrinazioni di Steevens alla ricerca di lavoro e di un alloggio mettendo in risalto il diffuso razzismo verso gli emigrati di colore e l’atteggiamento gretto ed egoista della comunità haitiana.
Opera prima anche quella di Rubén Sierra Salles, Jazmines en Lídice (Gelsomini a Lìdice). Prodotto da Venezuela e Messico, si svolge a Lìdice, un quartiere di Caracas, dove Meche, madre di un giovane assassinato , si ostina a vivere malgrado le insistenze delle figlie che ritengono pericoloso quel domicilio. Triste, lo sguardo basso, Meche vive con la figlia minore, maestra d’asilo, e fa scena muta quando le altre due figlie vanno a trovarla per festeggiare un compleanno. Viene un’amica, e anche una conoscente, ma lei si ritiene in lutto e non ammette momenti di allegria. La durata del film sfiora gli ottanta minuti durante i quali le figlie tentano un approccio che risulta vano davanti alla determinazione della madre. Alla fine un fatto nuovo riporterà il sereno in famiglia. Basato su un testo teatrale scaturito dalle testimonianze di 54 madri affrante dalla perdita violenta dei loro figli, il film si svolge interamente in un piccolo appartamento a livello stradale, dove bande di teppisti e criminali scorrazzano su roboanti motociclette. La madre sembra avere un’unica espressione, mesta e desolata, anche se attorniata da persone che tentano di proteggerla e di rincuorarla. E per chiarire l’ossimoro del titolo, l’amica cita la strage commessa dai nazisti a Lìdice, in Cecoslovacchia.
Ultimo film in concorso, quello di Alejandro Landes, di origini brasiliane, São Paulo 1980, ma affermatosi come regista in Ecuador e Colombia. Nel 2011 il suo film colombiano d’esordio, Porfirio, venne incluso nella Quinzaine des Réalisateurs di Cannes. Questo secondo film, Monos, letteralmente scimmie, (nel gergo del film indica adolescenti in armi che sulle montagne colombiane fanno la guardia a ostaggi catturati dalle FARC), proviene dal Festival di Sundance e ne è prevista l’uscita in Italia a giugno. Descrive la disciplina ferrea imposta a ragazzi e ragazze tra i 15 e i 20 anni, su cime desolate coperte da nuvole, il rude addestramento militare e i turni di guardia a una signora incatenata, ingegnere nordamericano del quale forse è stato chiesto il riscatto. L’equilibrio tra loro si spezza quando, accidentalmente, viene uccisa una mucca affidatagli unicamente per il suo latte. Il colpevole viene bastonato a sangue, uno si suicida, l’americana tenta la fuga mettendo nei guai il giovanissimo carceriere, un altro diserta affidandosi alle acque di un fiume che scorre impetuoso verso la valle. Il film dura poco più di cento minuti e descrive insieme con l’asperità della montagna e della selva, la promiscuità e la violenza della vita quotidiana di un drappello di disperati, incalzati dalle forze armate colombiane, i quali finiscono col giustiziare il capo indiscusso della loro cellula e a scontrarsi tra di loro. Al di là di sottintesi riferimenti politici, Monos s’impone come roboante film d’azione popolato da ragazzi armati che per disciplina, o per mimetizzarsi nella foresta amazzonica, si comportano come scimmie selvagge. La sceneggiatura è firmata dal regista e dall’argentino Alexis dos Santos, regista nel 2006 di Glue.
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