Behind the scenes: Psycho, dietro le quinte della scena della doccia
Psycho nacque quasi per caso, dopo che due progetti hitchcockiani si rilevarono impossibili da realizzare.
Tuttavia, la frustrazione del regista nel ricercare materiale adatto non durò a lungo. Il 6 maggio 1959 l’agente Ned Brown acquistò, per conto di Hitchcock, i diritti di Psycho: il romanzo- scandalo di Robert Bloch. Il volume era liberamente ispirato a un evento di cronaca nera avvenuto nel Wisconsin, avente per protagonista il serial killer Edward Gein, accusato di necrofilia, cannibalismo, travestitismo e relazione incestuosa con la madre. L’idea del regista di trarre un soggetto dal libro di Bloch fu aspramente avversata dalla Paramount, poiché ritenuta un grosso rischio su cui investire. Nonostante il disinteresse della casa di produzione, Hitchcock riuscì a spuntarla, proponendo d’autofinanziare Psycho, a condizione che la Paramount l’avesse distribuito in sala.
Per redigere la sceneggiatura venne ingaggiato James P. Cavanagh, che aveva già collaborato ad alcuni degli episodi della serie televisiva Alfred Hitchcock Presents. Tuttavia, lo script di Cavanagh non impressionò favorevolmente il regista, cosicché fu rimosso dall’incarico con una buon’uscita e tanti saluti. Gli agenti della Mca fecero allora pressione su Hitchcock, affinché accettasse la candidatura di un altro loro giovane cliente: Joseph Stefano. Ma, il regista aveva grandi riserve su Stefano e decise di assumerlo soltanto con contratto da rinnovarsi settimana dopo settimana. Alla fine, il 30 novembre 1959 venne battuto il primo ciak.
Vincolato da un low budget a eseguire un lungometraggio che è passato alla storia come il film “girato in trenta giorni”, il regista lo realizzò in bianco e nero con un tagliente contrasto di chiari e di scuri. Sul set Hitchcock impiegò cineprese multiple, servendosi addirittura di 4 macchine da presa contemporaneamente. Nei casi in cui ricorreva all’impiego di 2 cinecamere, il primo assistente si dedicava alla seconda camera, mentre il clapman svolgeva il ruolo di primo assistente.
Per la realizzazione della “scena della doccia”, Hitchcock poté contare sull’aiuto di due fedeli collaboratori come l’aiuto regista Hilton Green e lo script supervisor Marshall Schlom, oltre al grafico Saul Bass. Questo ultimo dagli anni ‘70 ha portato avanti una battaglia per rivendicare la paternità della sequenza. A contraddirlo intervenne nel 1977 lo stesso Hitchcock, intervistato da Truffaut. Il regista si difese affermando di aver dovuto rigirare in un secondo momento tutte le scene affidate a Bass. Con gli anni diversi membri della troupe intervennero per disconoscere il coinvolgimento del grafico. Non conosceremo mai la verità su come effettivamente andarono le cose. Quello che invece sappiamo è che Hitchcock filmò nell’arco di una sola settimana una scena di violenza inaudita in 78 stacchi, usando come doccia un blocco separato con quattro pareti. Simile ingranaggio era stato pensato per consentire una maggiore mobilità della macchina da presa, semplicemente rimuovendo una qualsiasi di quelle bianche superfici di cui era composta la struttura: ciò permetteva a Hitchcock di inquadrare a parte sia la vasca sia la doccia, oppure di riprenderle unite al set dove era stata ricostruita l’intera stanza da bagno.
Il regista non fece alcuna pressione sull’attrice protagonista affinché si denudasse, anzi reclutò al suo posto una controfigura. Fu scritturata per la parte una professionista dello striptease di nome Marli Renfro. Durante i giorni impiegati per le riprese, Anthony Perkins era distante chilometri dagli studi cinematografici; impegnato con le prove di uno spettacolo teatrale in scena nella Grande Mela. Al suo posto, la Madre “s’incarnò” nel corpo della stunt Margo Epper. Invece, sul set del secondo omicidio Mrs. Bates venne interpretata dalla nana Mitzi: Il regista si astenne dall’utilizzare Perkins, perché solo filmando la sequenza con una donna di bassissima statura nel ruolo della Madre poteva evitare che il pubblico scoprisse tutta la faccenda. Tornando alla bathroom scene, solo un frammento della sequenza fu rigirato prima di licenziare il film per la proiezione. Si tratta d’uno o due fotogrammi in cui Marion giace morta sul freddo pavimento della stanza da bagno. Il motivo: Alma, moglie di Hitchcock e suo braccio destro, si era accorta che Janet Leigh deglutiva quando ormai doveva essere morta.
Sebbene le inquadrature fossero state filmate al rallentatore per controllare l’esclusione delle parti tabù di una donna, il regista dovette comunque presentarsi davanti alla commissione di censura. La sua fu una battaglia personale per evitare che i metri di pellicola cadessero sotto la mannaia dei revisori. La leggenda narra che il comitato perse le staffe di fronte alla visione del film. Sembra che 3 esaminatori su 5 avevano visto in alcuni fotogrammi una palese nudità. Per tutta risposta, l’autore falsamente mortificato inviò ai censori la stessa identica bobina, attendendo il nuovo responso. Questa volta le parti si erano invertite: ora a lamentarsi erano i 2 revisori, che in precedenza avevano assolto le immagini non ritenendole immorali.
Giunti a questo punto, Hitchcock insorse e diversi furono i tentativi attuati, prima di venire a patti. In conclusione, il regista richiese che la bathroom scene rimanesse invariata; in cambio si mostrava propenso a rigirare la sequenza iniziale in cui Marion e Sam giacciono nel letto, traendo profitto stavolta dai suggerimenti degli esaminatori. Alla fine, tutte le parti in causa vennero a un’intesa, sostenendo l’assenza di nudi nelle varie inquadrature. Con un’abile mossa Hitchcock aveva sbaragliato la commissione di censura.