Appunti di viaggio – “Festivaleggiando” in quel di Berlino
(Foto di Carlo Andriani)
Altro giro, altra corsa. Si chiude il Festival di Berlino 2017, e anche quest’anno siamo riusciti, nonostante qualche difficoltà organizzativa, a partecipare. Tra Grandi Freddi e dosi massicce di caffè, ricerche disperate di cibi salutari (in Germania si tratta di una vera e propria impresa), mezzi di trasporto perfettamente funzionanti (per noi romani si tratta di un vero e proprio miracolo), e prodotti di profumeria, cosmetica e simili a prezzi che farebbero la gioia di una qualsiasi casalinga disperata, un’altra dieci giorni di film nella capitale tedesca è andata. Forse, in termini strettamente filmici, non è stato il miglior festival di sempre, ma le sorprese che regala una città come Berlino, l’aria diffusa di cultura e di cinema che si respirano, assieme ad almeno una manciata di pellicole da ricordare, bastano a ripagare dei sacrifici fatti per essere presenti.
Ma iniziamo subito dalla carrellata dei titoli vincitori. Vince quest’anno l’Orso d’Oro come miglior film l’ungherese On Body and Soul di Ildiko Enyedi, uno dei film che per i corridoi festivalieri era lodato un po’ da tutti, ed espressione di una filmografia (quella ungherese, appunto), che negli ultimi anni ha sfornato diverse pellicole interessanti, ed è salita agli onori della ribalta portando a casa addirittura l’Oscar per Miglior Film Straniero nel 2016 con Il figlio di Saul di László Nemes.
Orso d’Argento per Gran Premio della Giuria va invece a Félicité del regista franco-senegalese Alain Gomis, mentre il Premio Alfred Bauer per il film che apre nuove prospettive a Pokot della polacca Agnieszka Holland. Un premio, quest’ultimo, che lascia a onor del vero un po’ interdetti perché da questa regista ci si aspettava onestamente di più. E, invece, al di là dell’interessante atmosfera e ambientazione che il film sceglie, e di una regia dallo stile senz’altro peculiare, Pokot è purtroppo un’opera che si perde per i tanti sentieri che attraversa e che non riesce a percorrere del tutto. Mentre il plot chiave della revenge in ‘salsa’ naturalista assume via facendo contorni sempre più sopra le righe e sempre meno credibili.
Premio per il miglior regista va al finaldese Aki Kaurismaki per The Other Side of Hope, che molti davano nei pronostici addirittura per vincitore. Anche stavolta Kaurismaki porta il suo stile stralunato al servizio di una storia imperniata su un sociale caldo, impellente, estrapolandone un’opera accattivante ma dai contenuti sempre forti e trascinanti. Per chi lo attende, da buon intenditore, il film sarà nelle sale nostrane già dal 6 aprile.
Il Premio Miglior Attore va a Georg Friederich per Helle Nachte, protagonista non particolarmente brillante di un film non particolarmente memorabile, mentre quello Miglior Attrice a Kim Minhee per On the Beach at Night Alone, altro film non tanto ‘chiacchierato’ tra gli addetti ai lavori del Festival. Inaspettatamente, la Miglior Sceneggiatura va invece a Sebastian Lelio e Gonzalo Maza per Una mujer fantastica, opera dotata di molti punti interessanti tra cui una splendida protagonista, e che in qualche frangente ricorda perfino l’Almodovar degli anni d’oro, ma che (di contro) non riesce ad essere perfettamente compiuta e che ha (paradossalmente) più di una pecca forse proprio in fase di scrittura.
Due parole, invece, vanno senz’altro spese per il premio Miglior Contributo Artistico: Dana Bunescu per il montaggio di Ana, mon amour di Colin Peter Netzer. Questo film rumeno, neanche a dirlo, è stato infatti quello che avevamo più apprezzato tra le fila del concorso. Un film che, nella piena tradizione rumena contemporanea, viaggia di peso assieme al cuore della sua storia, raccontando alti e bassi di un sentimento amoroso dall’interno, filtrato dagli occhi e dai volti dei due splendidi e bravissimi protagonisti. Il montaggio, nella scelta di ripercorrere le fila della storia alternando senza soluzione di continuità passato e presente, paradiso e inferno dell’amore, rappresenta senza dubbio una delle chiavi di volta dell’opera. Eppure per questo film, a onor del vero, ci aspettavamo un premio di maggior peso, anche se siamo sicuri che a ricompensarlo saranno l’apprezzamento del pubblico e altri riconoscimenti che magari arriveranno.
Menzione speciale, anche se presentato nella sezione parallela di Panorama Special, per il nostro buon Luca Guadagnino che con Call me by your name ha letteralmente incantato non solo chi vi scrive. Film assolutamente da non perdere con una scrittura magnifica e due splendidi protagonisti, e che speriamo arrivi a breve anche nelle nostre sale.
Insomma, un’altra buona annata che non sarà dimenticata. Chi vi scrive, oltre ai film, porta a casa tanti e tanti ricordi. Quelle mattine gelide a meno 12 subito rinfrancate da un’atmosfera calda, avvolgente, che chi ama il Cinema e tutto ciò che gli ruota attorno non può non sentire in un contesto come quello della Berlinale. Momenti sublimi, e indimenticabili, anche al netto di qualche tedesco dalla simpatia non propriamente proverbiale. Bis gleich!