Angry Birds: Intervista all'art director Francesca Natale

Non direi che vi sia una discriminazione nei confronti delle donne, ma, semplicemente, è la realtà delle cose. Non so per quale motivo succeda, ma anche nell’animazione c’è meno spazio per le donne. Anche tra i direttori d’orchestra, i cuochi e i registi, le donne sono poche. Comunque, sta tutto migliorando. Negli Stati Uniti esiste l’associazione Women in animation, molto grossa e che ora è stata sposata dalla Disney. Il suo obiettivo è quello di avere nel 2025 il 50% degli uomini e il 50% delle donne. C’è molto da lavorare anche per equiparare gli stipendi, perché, per esempio, nel Nord America gli uomini sono più pagati a parità di ruolo”.
Parla Francesca Natale, art director del team d’animazione statunitense che ha lavorato alla realizzazione del cartoon tridimensionale Angry birds – Il film di Clay Kaytis e Fergal Reilly, tratto dal celebre videogame targato Rovio Entertainment e nelle sale cinematografiche italiane dal 15 Giugno 2016, distribuito da Sony pictures.

D: Quali studi hai intrapreso per arrivare dove sei ora?
Rispetto a tanti altri che fanno questo lavoro ho effettuato un percorso diverso. Innanzitutto, perché sono nata e cresciuta in Italia, dove c’è dell’animazione ma non a livello internazionale. Quindi, nasco come illustratrice dopo essermi laureata in storia dell’arte moderna e contemporanea, con una scelta maturata non da subito. Diciamo che la mia formazione specifica per l’animazione l’ho avuta lavorando. Il primo lavoro fu con uno studio di Roma che produceva una serie tv finanziata da Mediaset che non ha mai visto la luce, ma che è stata per me una palestra fantastica. Il produttore era molto ambizioso, peccato che la cosa non sia andata in porto. Sono stati due anni e mezzo di lavoro con un team di professionisti provenienti dall’estero. Eravamo solo tre italiani e abbiamo molto imparato da questi professionisti. Poi, dopo qualche anno sono andata via, era necessario per crescere professionalmente. Mi sono sempre mossa, ho girato molti festival e l’opportunità di lavorare all’estero è capitata tramite un mio collega di uno studio piccolo di Roma che era già andato a Vancouver, dove tuttora sono anche io. Prima, però, ho lavorato qui con la Mondo, che produce delle cose grazie a buoni finanziamenti.

D: Il videogioco è un puzzle game, quindi i personaggi sono molto caratterizzati e sono in 2D, mentre tu fai la character designer per questo film in 3D...
Quella è stata la parte più impegnativa del progetto. Ci siamo trovati in sintonia con il produttore creativo John Cohen e con Mikael Hed, proprietario di Angry birds. Non mi hanno dato alcun tipo di vincolo o restrizione dal punto di vista grafico e creativo, l’unica richiesta era quella di prendere questi personaggi, dargli gambe e braccia e fare in modo che fossero sofisticati abbastanza per avere sullo schermo una performance che intrattenesse il pubblico due ore. La sfida è stata quella di creare personaggi che fossero famigliari e riconoscibili da tutti ma, allo stesso tempo, anche strutturalmente sofisticati per reggere la presenza sullo schermo. Quindi, a livello grafico l’operazione è stata quella di mantenere alcuni dettagli e, dopo vari tentativi, ci siamo soffermati sulla sintesi grafica della silhouette in generale per mrispettare il tono e lo stile del videogioco, che era molto iconico. Ci siamo concentrati molto sul lavoro sul viso, sugli occhi e sull’espressione. Per quanto riguarda, poi, il passaggio dal 2D alla realizzazione tridimensionale dei personaggi, una volta approvato il bozzetto dalla produzione e dai registi abbiamo lavorato con sculture digitali al fine di trovare la giusta ricetta per l’adattamento in 3D del bozzetto. La creazione delle piume e del pelo sono le cose più complicate da realizzare in computer grafica.

D: Quali preferisci tra i personaggi del film?
Red, il protagonista, è simpatico, ma, tra i vari personaggi, mi piacciono molto Chuck, Matilda per il suo potere speciale, i pulcini, che all’estero stanno avendo un successo pazzesco, e, tra i maiali il re, solo perché è un pazzo scatenato.

D: Per Grande Aquila, invece, sembra vi sia stato un lavoro diverso...
Sì. Se ci fai caso, nel gioco i personaggi non sono identificabili con delle specie precise di uccelli. All’inizio ho provato a fare delle prove che riportassero il design dei personaggi a delle specie esistenti, ma, alla fine, abbiamo voluto mantenere solamente un personaggio come identificabile con una specie precisa. Nella storia, tra l’altro, è l’unico che può volare, quindi ha un senso. Gli altri personaggi sono molto antropomorfi e non è stata una scelta immediata neppure quella. Inizialmente, quando non avevamo deciso ancora nulla, il dubbio era se fare dei personaggi con una struttura che ricordasse quella animale o renderli antropomorfi. La cosa è andata avanti per mesi, poi abbiamo scelto la seconda opzione perché ci apriva molte possibilità di rendere il film ancora più divertente. Il villaggio degli uccellini è un villaggio di “creatures”, personaggi che ricordano gli uccelli ma nessuno sa cosa siano. E l’unico che sa volare è, appunto, Grande Aquila. Quindi, per lui necessitavo rimanere abbastanza vicina al personaggio del gioco, doveva essere identificabile come aquila e divertente. Solo il giudice, che sembra un gufo e che non esiste in Angry birds, è un altro personaggio che ricorda una specie ben definita. Una figura di spicco, simbolica dell’autorità.

D: Come è stato rapportarti con questo tipo di produzione?
Sono stata molto fortunata, perché mi hanno dato praticamente carta bianca. Questo è successo perché, fortunatamente, mi sono trovata molto bene con il produttore John Cohen, che è la persona con la quale ho lavorato di più. Tutto lo sviluppo dei personaggi principali è andato avanti insieme a lui, ancora prima che venissero coinvolti i registi. Ho avuto molta libertà decisionale anche dopo ed è stato fantastico, perché ciò accade molto raramente. Ci sono designer molto più conosciuti e importanti di me che, di solito, in case di produzione grandi arrivano a tutta questa libertà dopo molto tempo. È bene precisare, comunque, che si tratta tra virgolette di una produzione indipendente, nel senso che Rovio ha finanziato il film e voluto mantenere totale libertà e proprietà creativa su tutto. Poi si è poi appoggiata alla potenza produttiva della Sony.

D: Quale consiglio puoi dare ai giovani che vogliono intraprendere questo mestiere?
Innanzitutto, c’è molta istruzione online a grandi livelli anche per animatori. Diversi animatori, in Canada, sono passati attraverso quella scuola. Come animazione online c’è di tutto, dal design alla concept art, ai videogiochi, quindi, se ricominciassi adesso e non potessi permettermi di spostarmi in Francia o in Canada per studiare, farei una di queste scuole. Ce ne sono tantissime e sono valide. Poi mi lancerei per festival, come quello di di Annecy, dove ho trovato uno dei miei primi lavori più duraturi. Inoltre, a Los Angeles c’è un grandissimo evento di Animazione che si chiama CTN (Creative Talent Network) e che ha una sezione in cui sono rappresentati gli studi più importanti nel mondo.

D: Per creare il mondo di Angry birds hai avuto qualche punto di riferimento?
Onestamente, no, il mio punto di partenza è stato il gioco, poi c’è il mio gusto, quindi, alla fine ci sono sicuramente similitudini anche con i Muppet, che mi piacciono da morire, ma non è stata una cosa cosciente. Ogni vota che me lo dicono, però, sono contenta.

D: È vero che hai anche un progetto d’animazione per adulti?
Sì, è un progetto che ho con mia sorella sceneggiatrice Ginevra. Lo abbiamo costruito in vari anni, sta andando avanti, si chiama Freestyle – A ruota libera ed è, praticamente, un Inferno di Dante in versione pulp, dove il poeta è un giovane malvivente e l’Inferno sono fondamentalmente tre località italiane: Napoli, Roma e alcune città di provincia del Veneto. Siamo andate in giro a fare il pitch ma non è facile portarlo avanti. In Nord America lo è ancora di meno perché l’animazione è vista come un prodotto per famiglie che porta l’incasso. Cominciano ad esserci dei tentativi di produrre e distribuire film diversi, per un pubblico diverso e il primo che mi viene in mente è Sausage Party, prodotto da Seth Rogen. Lo aspettiamo un po’ tutti, perché, se va bene quello, può farci da apripista. Probabilmente, finiremo per fare una graphic novel, che è più fattibile dal punto di vista dell’investimento economico.

D: Vedremo un sequel del film?
Si è parlato di un sequel, ma non è ancora stato annunciato ufficialmente, quindi non posso ancora dire nulla. Però, il fatto che questo primo film sia stato concepito quasi per mettere una base narrativa su cui poi sviluppare altre storie, mi fa pensare che ci saranno continuazioni.