35° Jerusalem Film Festival: Day 1

I primi tre film in concorso del 35° Jerusalem Film Festival provengono da altri Festival come la maggior parte dei duecento film in catalogo. Fanno eccezione alcune anteprime di film israeliani. Si apre con un film premiato a Venezia l’anno scorso, Los versos del olvido (Oblivion Verses), girato in Cile dalla regista iraniana Alireza Kathami. Cronaca di una solitudine, tra dettagli della vita quotidiana e immagini del sogno, narra di un anziano signore che al camposanto registra decessi e dà sepoltura. Sembra non avere un nome. Si sa, però, che è prossimo al pensionamento, e che possiede una memoria eccezionale. Nell’isolamento quotidiano gli permette di rivivere momenti e situazioni lontane.

  A turbare la monotonia delle sue giornate appare uno smemorato che durante alcuni giorni aveva condiviso con lui una cella del carcere, ma il fatto che riesce a scuoterlo è un’incursione della milizia che si appropria di undici dei dodici corpi giacenti nella morgue. Ne resta uno, di una giovane donna vittima della repressione durante una manifestazione. Deciso a stabilirne l’identità e a darle degna sepoltura, sebbene improvvisamente messo in pensione, l’anziano farà del tutto per riuscire nell’intento.

  Scritto da Alireza Kathami con Dominique Welinski e René Ballesteros, il film è interpretato da Juan Margallo che seguiamo in spazi vuoti dove, oltre al becchino e al trasportatore di salme, si muovono pochissimi personaggi, fantasmi periferici di un mondo disabitato. Dura 92 minuti, ha momenti che sfiorano la poesia e qualche lunghezza.

  Un velo di solitudine si agita anche sui protagonisti di ¾ (Three Quarters) del regista bulgaro Ilian Metev, premiato nella sezione Cineasti del presente a Locarno. Tre quarti di una famiglia, il padre e due figli, nella quale si avverte l’assenza della madre. In realtà nessuno è completo. Dal padre fisico preoccupato dalla sua attività di ricerca e che non presta molta attenzione ai figli, alla ragazza che si esercita al pianoforte senza molta convinzione, fino al minore, dieci anni, estroverso e fanfarone. Come un entomologo il regista osserva e riprende il comportamento dei tre senza raccontare una storia. Si limita a registrare dialoghi e passeggiate quasi a testimoniare comportamenti di giovani che si aprono alla vita e preoccupazioni dell’adulto. Interpretato da Mila Mikhova, Niki Mashalov, Todor Velchev, il film dura 83 minuti e sembra girato per partecipare a Festival internazionali. Problematica risulterebbe infatti la sua immissione in un circuito commerciale.

  Il più intenso, più provocatorio e più sorprendente, sebbene con qualche ripetizione di troppo, è il debutto del regista belga Lukas Dhont, Girl (Ragazza) che quest’anno a Cannes ha vinto la Camera d’oro. Interpretato in maniera magistrale da Victor Polster, quindicenne che vuole diventare donna e che già frequenta faticosi corsi di ballo classico celandosi dietro al nome di Lara, il film descrive la lotta quotidiana dell’adolescente e il sostegno del padre tassista. Mette a confronto la cooperazione dei medici che preparano il giovane all’intervento chirurgico e l’impazienza di Lara, circondata dalle ragazze del balletto che incominciano a dubitare della sua femminilità.

  Cronaca delle estenuanti prove del ballo e delle ferite ai piedi, ma soprattutto della snervante attenzione del protagonista a essere in ogni momento ciò che desidera essere e della sfibrante attesa del mutamento, il film mette a fuoco l’affetto del padre e qualche intemperanza del giovane alle sue prime esperienze sessuali. E getta uno sguardo sulla transessualità quale pratica corrente, e quale necessità di realizzare se stessi. Dura 105 minuti.  

 

Leggi anche:
Con "The Unorthodox" ha inizio la 35a edizione del Jerusalem Film Festival
35° Jerusalem Film Festival: Day 2
35° Jerusalem Film Festival: Day 3
35° Jerusalem Film Festival: Day 4
35° Jerusalem Film Festival: Day 5
35° Jerusalem Film Festival: i vincitori