La verità sta in cielo: il caso Orlandi secondo Roberto Faenza e Riccardo Scamarcio
“Non è un film contro il Vaticano, vuole solamente rappresentarlo come uno stato meno monolitico e più realista della maniera in cui viene molto spesso immaginato. Il personaggio principale e più interessante resta quello di Sabrina Minardi, la quale parte dalla Roma popolare e si afferma per la sua bellezza, per poi addentrarsi sempre più velocemente sulla via degli inferi”.
Parla alla stampa romana Roberto Faenza a proposito del suo La verità sta in cielo, il film che, nelle sale a partire dal 6 Ottobre 2016 per 01 Distribution, ricostruisce il caso legato alla scomparsa della quindicenne Emanuela Orlandi, avvenuto nel 1983, attraverso le indagini portate avanti dalla giornalista Raffaella Notariale, interpretata dalla Valentina Lodovini che osserva: “Con il nostro mestiere di attori non possiamo cambiare il mondo, ma raccontarlo. Io mi sento una cittadina presente ed attenta e trovo che sia un tentativo di raccontare il mondo; inoltre, il mio personaggio ha avuto l’intuizione di seguire Sabrina Minardi per cercare di capire i segreti con cui era potuta venire a contatto. Raffaella Notariale, quindi, è un personaggio che ha avuto un ruolo importantissimo in questo paese, perché ha rischiato la vita per cercare di avvicinarsi alla realtà”.
La Sabrina Minardi cui concede anima e notevole corpo la Greta Scarano che racconta di aver utilizzato proprio le interviste effettuate dalla Notariale per potersi preparare nella giusta maniera al ruolo: “Sono state la mia Bibbia e ho studiato la biografia di una donna che, in fondo, ha cercato la redenzione di una parabola che dalla società popolare l’ha portata fino all’alta società. Onestamente, ho cercato questo ruolo e ho desiderato di farlo con tutto il cuore”.
Mentre, nei panni del Renatino De Pedis che fu compagno di quest’ultima e che, boss della famigerata Banda della Magliana, abbiamo imparato a conoscere come “Dandi” attraverso le varie opere di finzione derivate dagli atti criminali della combriccola capitolina, troviamo un Riccardo Scamarcio che non esita a rivelare: “De Pedis era più uno stratega che un criminale classico, un uomo molto rigoroso, che non si drogava ed era lucido. Per questo è riuscito ad intrattenere rapporti con personaggi di alto profilo, come giornalisti, prelati e politici della Roma bene. Nel film, il movente del rapimento resta oscuro e, sicuramente, c’è una differenza tra la Banda della Magliana e quella dei Testaccini, ma io non sono interessato ad essa, bensì alle tesi che vengono lasciate silenziose. Quindi, al movente”.
Un personaggio su cui il regista – preceduto da Shel Shapiro impegnato a precisare che la sua parte è quella di un giornalista inglese con lo spirito e l’etica del 2016 e che percepisce il legame tra il passato e gli eventi presenti di Mafia capitale – aggiunge che uno dei soprannomi era “Il presidente” e che si dice possedesse un appartamento vicino casa di Giulio Andreotti: “Probabilmente, non si conoscevano, con quello che vediamo oggi in Parlamento, è molto credibile che un personaggio come De Pedis avrebbe potuto addirittura sedervi”.
Prima di concludere: “Comunque, il film è nato per generare emozioni e stimolare una reazione. Io non sono uno storyteller e neppure un giornalista, la mia speranza è che la reazione generata dal film porti ad avvicinarsi ad una risposta. Non provandum, ma narrandum, ovvero io non intendo provare nulla, desidero narrare una storia, perché il mio mestiere è questo”.