Conferenza stampa: The Neon Demon

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Io penso di non fare film, ma esperienze, e qualsiasi cosa ci leggiate dentro è fantastica. Sicuramente avete ragione nell’osservare che questa pellicola è un incontro tra la Alice del paese delle meraviglie e la contessa sanguinaria Erzsébet Báthory, ma, secondo me, vi sono molte più cose, in quanto credo che ciò che volevamo realizzare fosse un film horror, bello, divertente, melodrammatico, volgare, sexy e di fantascienza. Insomma, tutto ciò che qualcuno può mettere dentro un’esperienza e, ovviamente, per far sì che fosse puro intrattenimento”. 

Acclamato cineasta danese regista, tra l’altro, di Drive e Solo Dio perdona, Nicolas Winding Refn parla così alla stampa romana del suo The Neon Demon, che visto sugli schermi del Festival di Cannes, approda nelle sale cinematografiche italiane l’8 Giugno 2016 distribuito da Koch Media in collaborazione con Fulvio e Federica Lucisano, la quale osserva: “Ogni volta che Nicolas ci parla di un suo progetto lo sposiamo e cerchiamo di farlo insieme. Non so se in Italia esista qualcosa di analogo, nel senso che ogni film che Nicolas fa è un prototipo nel vero senso della parola. Come ha detto, qui c’è un po’ di tutto, dalla commedia, all’horror, al thriller. Comunque, siamo sicuramente aperti a valutarne altri”.

Presente all’incontro – durante il quale il regista non ha dimenticato di elogiare il lavoro svolto dal musicista Cliff Martinez per queste ultime tre fatiche, tanto da considerarlo l’anello mancante della sua evoluzione – anche la protagonista Elle Fanning, che, a proposito, di uno dei temi importanti dell’operazione, dichiara: “La prima volta che ho incontrato Nicolas mi ha chiesto se pensavo di essere bella. La domanda mi ha fatto sentire abbastanza a disagio, perché se rispondi positivamente pensano che tu sia narcisista; dall’altra parte, però, c’è l’aspetto relativo al fatto che si insegna ai bambini e alle persone che uno si dovrebbe piacere, si dovrebbe trovare bello. È un argomento alquanto provocatorio, anche perché la linea di demarcazione tra il volersi bene in maniera sana e l’essere ossessionati da se stessi o dalla propria bellezza è molto sottile. Io, poi, penso che qui il mio personaggio finisca per essere ossessionato dalla bellezza che la porta alla sua caduta, ma anche che non fosse innocente fin dall’inizio. Penso che avesse già pianificato tutto. Poi, essendo io stessa una teen-ager, in quanto ho diciotto anni adesso ma ne avevo sedici quando abbiamo girato il film, penso che in questo film c’è ciò che i miei coetanei vogliono trovare. A me piacciono quei lungometraggi che, in un certo senso, dicono la verità e rompono le regole. Questo è una vera e propria esperienza che ti sciocca e ti sorprende. Abbiamo cambiato molte cose strada facendo, tra l’altro è stata per me un’esperienza completamente diversa dalle precedenti che avevo fatto”.

E la bellezza è un tema su cui, ovviamente, anche Refn si esprime: “Io penso che uno degli elementi che hanno fatto scattare l’intesa tra me ed Elle quando ci siamo incontrati era il fatto che entrambi ritenevamo che la bellezza fosse qualcosa di estremamente complesso, su cui ognuno ha un’opinione diversa. Per alcune persone può essere una cosa profondamente superficiale, per altre, magari, è talmente tanto profonda e importante da spingerle ad andare all’Università per studiarne i vari aspetti e concetti di ciò che rappresenta. Se andiamo a guardare la mitologia e le favole, ci accorgiamo che la parola più ricorrente è quella di ‘bellezza’, sia come espressione di verginità e purezza o di semplice, puro aspetto fisico. Tra l’altro, tutti capiscono cosa sia la bellezza possono toccarla, ne hanno un’opinione. Tutte le donne nel mio film vivono questo viaggio che rappresenta un’odissea. Gli uomini qui sono un po’ come le fidanzate negli altri film, in quanto servono a portare avanti la trama. Per esempio, il ragazzo di Jesse rappresenta la qualità della normalità, il fotografo di moda è il controllo e non fa altro che alimentare una macchina molto più grande, Keanu Reeves è la sessualità, la paura della penetrazione, il designer è il massimo dell’ossessione per la bellezza. Comunque, il film va oltre l’aspetto del femminismo, perché non è politico”.
Non prima, però, di specificare il significato del simbolo con triangolo che ricorre più volte nel lungometraggio: “Il triangolo rappresenta un po’ questo neon demon, questa entità che poi, essenzialmente, è Elle Fanning. L’idea era quella di utilizzarlo per simboleggiare la sensibilità, poi, ho pensato un pochino anche all’idea della lettura dei tarocchi da parte di Alejandro Jodorowsky. Durante la realizzazione del film, tra l’altro, me li facevo leggere ogni fine settimana via Skype. Io sono arrivato alla conclusione che tutti i film che ho fatto finora non siano stati altro che una preparazione a questo. C’è una specie di filo conduttore che li ha attraversati tutti e ha portato a The neon demon. Probabilmente, ha molto a che vedere con la mia fantasia, con il cercare di capire come sarebbe stato se fossi nato ragazza molto bella, visto che sono nato ragazzo non tanto bello. Era giusto che arrivasse in quel modo, in quel punto. Come sempre, il film è stato girato in ordine cronologico e, come sempre, chiudi gli occhi e ti chiedi cosa vorresti vedere in quel momento. Avendo affrontato in tutti gli altri film molta violenza fisica, trovandomi di fronte ad una possibilità così diversa ho pensato di realizzare questo tipo di lungometraggio”.

E il futuro? A detta sua sta lavorando a qualcosa per la televisione sia con i Lucisano che con gli Stati Uniti, ma non all’annunciato Barbarella, di cui considera la sua versione proprio The neon demon; mentre promette di fare quanti più film possibile perché ama la creatività e nella vita ha soltanto la moglie ed il lavoro, quindi la famiglia e l’amante, per poi concludere: “Il cinema secondo me ha raggiunto una fase di ristagno, una perfezione stagnante, uno stop dal punto di vista finanziario, è diventato una grandissima macchina che trascina tutti. Se non fosse per i grandi film di supereroi e blockbuster, alcuni dei quali sono capolavori, l’industria del cinema oggi non esisterebbe più. Io ho sempre fatto film per il futuro e con la rivoluzione digitale ci troviamo di fronte ad una tela che è qualcosa di completamente diverso, dove le regole del vecchio modo di fare cinema non si applicano più. Perché una volta il cinema era in mano a un gruppo che controllava tutto e al quale era concesso accedere soltanto a pochissime persone. Nel mondo digitale è concesso l’accesso a tutti, non c’è più controllo, è una creatività capitalistica folle. Il nostro film è proiettato verso il futuro, per questo era necessaria un’attrice sedicenne che facesse strada verso esso. Non sarebbe stato possibile senza il coinvolgimento di Elle. Il futuro non è ciò che noi siamo, ma quello che rappresentiamo, quello che, in un certo senso, difendiamo”.