Conferenza stampa: Fräulein – Una fiaba d’inverno

“Amavo molto quel posto perché è un po’ un paese che non esiste, in qualche modo per le sue architetture fiabesche. Io ho iniziato con i documentari, ma, ad un certo punto, volevo e potevo fare un film con attori e la mia intenzione era realizzare una commedia surreale. Io, poi, sono cresciuta vedendo i film di Tim Burton e i suoi personaggi bizzarri. Con Fräulein – Una fiaba d’inverno il tentativo era quello di concepire un film d’autore capace di parlare, però, a un pubblico abbastanza vasto. Christian è stato molto protettivo nei miei confronti ed è stato straordinario lavorare con lui e Lucia, che in questo caso è un po’ una signorina sui generis alla Clint Eastwood”.

Autrice nel 2010 del documentario Valentina Postika in attesa di partire, Caterina Carone ha introdotto così a Roma la conferenza stampa di presentazione del suo primo lungometraggio di finzione, nelle sale dal 26 Maggio 2016 distribuito da Videa e con protagonisti Christian De Sica e Lucia Mascino, entrambi presenti all’incontro.
Un De Sica, quindi, coinvolto in un progetto diverso dalle commedie natalizie che lo hanno reso il re della risata di fine Dicembre e che ha raccontato: “È stata mia moglie Silvia a dirmi che aveva letto una sceneggiatura tanto tenera e delicata e che avrei potuto interpretarla per darmi una ripulita dai miei soliti personaggi sgradevoli e misogini. Il primo giorno di lavorazione mi hanno messo il colbacco e ho detto che mi stavano vestendo come nei cinepanettoni, ma mi hanno riferito che in seguito avrei cambiato. Prendere parte a questo lungometraggio è stata una vera vacanza e, tra l’altro, c’è una scena in cui cammino indossando un cappotto di Paolo Stoppa, che era un amico di famiglia, e la cosa mi ha molto emozionato. Poi, al cinema non si era mai raccontata una storia di amicizia tra un uomo e una donna".

De Sica non ha mancato di ricordare un consiglio che gli diede il padre: “Se tu ascolti e guardi negli occhi gli attori che hai davanti, le parole ti escono più vere”, prima di lasciare nuovamente la parola alla regista: “Scrivere la sceneggiatura di questo film è stato un lavoro di stratificazione sia a togliere che a mettere. Per me il personaggio interpretato da Lucia è universale, chiunque può riconoscervi una problematica, quindi ho deciso di non spiegare quasi nulla di lei. Io, poi, evito il pathos esasperato e con loro abbiamo anche riscritto insieme i dialoghi. Sul set sono stati fondamentali perché mi hanno dato il coraggio di andare avanti. Inizialmente, non pensavo a due attori in particolare, ma, man mano che andavo avanti, li ho riconosciuti nella scrittura. La tempesta solare è stato l’ultimo elemento venuto fuori nella storia prima di iniziare a girare. Invece, per quanto riguarda la presenza dell’audiocassetta di meditazione, ciò è dovuto al fatto che ho avuto genitori abbastanza fricchettoni e mi faceva ridere l’idea di aver bisogno di qualcuno che ti dica come devi comportarti”.

A sua volta, la Mascino – attualmente impegnata sul set di Amori che non sanno stare al mondo di Francesca Comencini – ha ricordato divertita che Caterina al loro primo incontro le disse che aveva bisogno di una zitella montanara di mezza età, per poi rivelare: “L’ispirazione di Caterina è stata contagiosa, quindi ho cominciato a tormentare lei e gli altri della troupe perché, venendo dal teatro, mi piace costruire il personaggio passo dopo passo.  Volevo un taglio di capelli in stile Berlino degli anni Ottanta, ma lei me lo ha giustamente impedito, perché bisognava raccontare il personaggio anche dall’interno”.      
Il produttore Carlo Cresto-Dina, invece, è intervenuto: “La cosa che più mi piace di questo film è il fatto che si tratti di un prodotto eccentrico. Credo che sia così gradevole perché è stato diretto, fotografato e montato da tre donne che sono tutte al loro esordio, in un momento in cui si parla molto di ruoli femminili, non solo nel settore cinematografico. La cosa bella, inoltre, è stato avere due professionisti come Christian e Lucia che ci hanno creduto. La mia ambizione sarebbe trasformarli in un franchise, come Walter Matthau e Jack Lemmon”.

E la chiusura non poteva spettare altro che al figlio del grande Vittorio, il quale, oltre ad annunciare che tornerà a Natale nel nuovo cinepanettone di Fausto Brizzi, remake della pellicola francese Les tuche, ha concluso: “Nonostante il grande successo dei miei film natalizi, io nel corso della mia carriera ho cercato di fare anche altro, dal teatro con Alessandro Siani a questo film. Sono stanco di andare al cinema a vedere spari, botti, violenza e soltanto film comici. Vorrei interpretare anche prodotti diversi, ma non me li fanno fare, poi, ora, ho una certa età e i ruoli diminuiscono. La maggior parte dei produttori italiani, purtroppo, ragiona che io vado bene solo per quelle commedie, ma sbagliano. Per esempio, Leo Gullotta io lo preferisco nei film drammatici”.