Brizzi, De Sica & co presentano i loro poveri ma ricchi
“Dei miei film spesso è stato detto che sono medio-borghesi, mentre qui non c’è nessun medio borghese, i personaggi sono tutti poveri o ricchi. Casualmente, abbiamo cavalcato l’onda di Donald Trump, cafone ricco che il nostro Danilo Tucci di Christian rispecchia, con un po’ di Rudi Völler nel look. Rispetto ai miei altri lavori, questo, adattamento prima che remake dell’originale francese, è più comico e meno sentimentale”.
Parole del cineasta romano Fausto Brizzi, che introduce così alla stampa romana il suo Poveri ma ricchi, rifacimento della commedia d’oltralpe Les tuche in arrivo nelle sale cinematografiche il 15 Dicembre 2016, distribuito da Warner Bros.
Rifacimento su cui il protagonista Christian De Sica – oltretutto reduce da cinque puntate della serie televisiva Mozart in the jungle – aggiunge: “Questo non è un classico cinepanettone, ma una commedia che raduna tutti questi attori straordinari. Tra l’altro, io in questi film facevo sempre il borghese, quando avvocato, quando dentista, mentre ora ho una certa età e faccio il padre di famiglia. A proposito di soldi, dovete sapere che, quando ci siamo sposati, mia moglie Silvia mi chiese di andare a comprare i letti e io mi presentai con una collezione di uova; da allora, quindi, mi obbliga ad una paghetta settimanale di cento euro”.
Assenti in conferenza Anna Mazzamauro, impegnata in una tournée teatrale, e il cantante Al Bano Carrisi, reduce da un intervento al cuore e del quale Brizzi manda i saluti; mentre Enrico Brignano precisa: “Il film parla della paura di non far sapere della propria ricchezza ai compaesani, ma in Italia, in realtà, non vogliamo farlo sapere al fisco. Tra l’altro, i ricchi qui vengono additati come Satana, ma dall’Italia esportiamo la migliore moda e il miglior buongusto. Comunque, i periodi più prolifici per la comicità sono stati quelli della guerra, perché l’ironia è la miglior cura per la sofferenza. Se l’ISIS avesse l’ironia, non farebbe le cazzate che conosciamo. Quindi, non credo che questo sia un periodo difficile per la risata. Certo, bisogna far ridere con eleganza”.
E, se l’autore della colonna sonora Francesco Gabbani – cantautore che ha sempre scritto canzoni per se stesso e qui alla sua prima esperienza di compositore per il cinema – dichiara che ha cercato tramite la musica di andare in sinergia emotiva con ciò che stavano raccontando sullo schermo, il fido co-sceneggiatore brizziano Marco Martani ammette che le commedie degli anni Ottanta da Vacanze di Natale in poi rientrano tra i film che li hanno divertiti e che la ricchezza low profile può essere uno dei modi per far ridere le nuove generazioni; precedendo Lodovica Comello: “Al mio personaggio non fanno schifo i soldi, ma l’approccio con cui i ricchi li gestiscono. Questa è la mia primissima esperienza al cinema. Io venivo dal mondo Disney di Violetta, che era tutta esagerazioni, tra urletti e smorfie”.
Ma la domanda sorge spontanea: come spenderebbero cento milioni di euro gli attori presenti? Essendo stato scartato l’estate scorsa ad un provino con la Roma, secondo Brizzi – che dice di non esservi mai stata una corsa alla ricchezza da parte sua – comprerebbe proprio la squadra, probabilmente, il piccolo Giulio Bartolomei, il quale – un po’ precisino nella vita come il suo personaggio – rivela che acquisterebbe molti giochi; soltanto dopo l’intervento di Lucia Ocone: “Io non ho la più pallida idea di cosa comprerei con tutti quei soldi. Se mi porti per negozi ad acquistare borse e scarpe mi fai una violenza. Ma che ci fai con cento milioni di euro? Ne bastano dieci. Comunque, i soldi, più che la felicità, danno la serenità, che rappresenta gran parte di essa. Volevo ringraziare Christian per la sua generosità sul set nel darmi spazio e ricordare che con Ubaldo Pantani ci conosciamo dai tempi della trasmissione tv Macao”.
Infine, esistendo in Francia un sequel della pellicola originale, Brizzi non esclude che se ne possa realizzare uno anche di questa rilettura. Nel caso in cui il pubblico la dovesse premiare al botteghino, ovviamente.