25 anni senza il genio di Federico Fellini

Piccolo omaggio biografico a ricordo del grande Fellini

Civettuolo, seducente, infedele e al tempo stesso leale, compulsivo, fantasioso e bugiardo, egoista e generoso, innamorato del cinema e delle donne, autoritario e affascinante, Federico Fellini era tutto questo e molto altro ancora: uno dei più grandi registi che la Settima Arte abbia mai avuto.

Fellini nasce a Rimini il 20 gennaio 1920 da una famiglia di modeste origini, il padre era un rappresentante di liquori, dolciumi e generi alimentari, e la madre casalinga. Trasferitosi a Roma all’età di diciotto anni per iscriversi alla Facoltà di Giurisprudenza, lui che già durante il liceo aveva iniziato ad appassionarsi di cinema - tanto da sgattaiolare di casa senza il permesso dei genitori per andare nelle sale della sua città - aveva anche dimostrato un grande talento nel disegno, e invece di dedicarsi agli studi (all'università non diede neppure un esame) iniziò a collaborare come vignettista alla principale rivista satirica italiana dell’epoca, il Marc'Aurelio. Questa occupazione gli permetterà di entrare in contatto con diversi personaggi del mondo artistico romano, tra cui Aldo Fabrizi per il quale scriverà le battute dei suoi spettacoli dal vivo. Particolarmente importante per lui sarà il 1942, anno in cui durante un programma radiofonico incontrerà Giulietta Masina, colei che diventerà sua musa ispiratrice, nonché moglie nell’ottobre del ‘43. Fellini scriverà in quel periodo diverse sceneggiature, finché la fortuna non gli farà conoscere Roberto Rossellini, che gli affiderà la stesura, insieme ad altri autori, degli script di Roma città aperta (1945) e Paisà (1946), dove ricoprirà anche il ruolo di assistente sul set: stava nascendo il neorealismo…

Il 1950 segnerà il suo debutto dietro la macchina da presa: assieme ad Alberto Lattuada dirigerà infatti Luci del varietà, interpretato da Giulietta Masina, Peppino De Filippo e Franca Valeri, ma nonostante le buone accoglienze di critica, il film si rivelerà purtroppo un flop ai botteghini. Il cineasta romagnolo però non demorderà e nel 1952, grazie a Lo sceicco bianco, con Alberto Sordi e la Masina, realizzerà il suo vero esordio in solitaria. In quest’opera, coadiuvato nella sceneggiatura da Michelangelo Antonioni e Ennio Flaiano, Fellini mostrerà uno stile del tutto diverso: uno stile originale, arguto, al limite dell’onirismo e del realismo magico, definito poi 'fantarealismo'. Anche in questo caso il pubblico non diede però prova di apprezzare il suo lavoro, troppo avanti per essere compreso a fondo, e la stessa critica che nel ‘50 lo aveva lodato, questa volta lo stroncò. Non andò invece così per I Vitelloni (1953) che, oltre al Leone d’Argento a Venezia, vinse tre Nastri d’Argento per miglior regia, produttore e interprete non protagonista: quell’Alberto Sordi, quest'ultimo, che nei panni del personaggio Alberto trasformerà il suo gesto dell’ombrello in una delle immagini iconiche del cinema italiano. Ma il grande successo nazionale ed internazionale per Fellini arriverà con La strada (1954), Oscar come miglior film straniero, dove un’immensa Giulietta Masina e un gigante di bravura quale Anthony Quinn daranno vita alla strampalata, poetica, tenera e turbolenta coppia Gelsomina e Zampanò: due artisti di strada in viaggio nell’Italia del dopoguerra. Il 1958 sarà per lui l’anno della seconda statuetta agli Academy Awards, ottenuta con Le notti di Cabiria (1957) che ha per protagonista principale la sua immancabile Giulietta.

Negli anni ‘60, Fellini si allontanerà dal mondo degli emarginati, degli ultimi e dei reietti della società, così ben rappresentati nelle sue precedenti pellicole, per realizzare uno tra i film più celebri della storia del cinema: La dolce vita, che, vincitore della Palma d'oro al 13º Festival di Cannes, offre al pubblico uno spaccato onirico, quasi picassiano, del degrado morale insinuatosi nella società italiana durante il boom economico. La famosa scena in cui Anita Ekberg (Sylvia) si immerge nella fontana di Trevi mentre con fare sensuale invita Marcello Mastroianni (Marcello) a raggiungerla, aiuterà l’attrice svedese ad entrare a far parte dell’immaginario collettivo di mezzo mondo. La consacrazione definitiva del geniale regista giunse però nel 1963, quando scrisse e diresse , considerato dai ‘felliniani’ doc il suo capolavoro cinematografico. Il protagonista, interpretato da Mastroianni, è Guido Anselmi, un filmmaker in crisi di creatività alle prese con la sua confusione sia professionale che esistenziale. Sogni, realtà, fantasie e desideri si intrecciano senza tregua nella mente di Guido, fino a quando tutti i personaggi da lui incontrati gli appariranno in un girotondo circense e lo riporteranno alla gioia di vivere: l’alter ego dello stesso Fellini servito qui in un piatto d’argento guarnito di terzo Oscar!


Giulietta degli spiriti (1965), che segnerà per Fellini il passaggio dal bianco e nero al colore - anche se un primo tentativo di colore lo aveva già sperimentato in Le tentazioni del dottor Antonio, episodio che diresse all’interno di Boccaccio ‘70 – determina una battuta d’arresto nella vita professionale del regista. Accolto non positivamente da spettatori e critica, il film fu diretto da Fellini in quel particolare momento della sua esistenza in cui l'innata curiosità, oltre a condurlo a stretto contatto con il mondo di maghi, veggenti e indovini, lo portò a provare gli effetti dell' LSD, esperienza, questa, comunque fatta sotto severo controllo medico. Con Fellini Satyricon (1969) egli è però nuovamente accolto a braccia aperte tanto dalla stampa quanto dagli spettatori: i mitici anni ‘70 sono ormai alle porte, così come la sua quarta statuetta dorata. Sì, perché dopo essersi dedicato a dirigere I clowns (film tv del 1970) e Roma (1972), arriverà l’Oscar con Amarcord (1973), indimenticabile omaggio alla sua città natia attraverso un fantastico viaggio nei ricordi e nella provincia riminese degli anni Trenta. Seguiranno poi Casanova (1976), Prova d’orchestra (1979) e La città delle donne (1980).

L’ultimo decennio lavorativo di Fellini ci regalerà E la nave va (1983), Ginger e Fred (1985), vibrante accusa al ruolo negativo che la televisione svolse nella società di quegli anni, Intervista (1987) e La voce della luna (1990), con Roberto Benigni e Paolo Villaggio: toccante, intenso e amaro film di commiato.

Il 31 ottobre 1993, stesso anno in cui ricevette il suo quinto Oscar, questa volta alla carriera, a causa di una serie di complicanze derivategli da un pregresso ictus cerebrale Federico Fellini si congederà dalla vita terrena. Dopo 50 anni trascorsi insieme, a distanza di soli cinque mesi Giulietta Masina raggiungerà il marito nell’Olimpo degli artisti: un luogo a loro dimensione, dove l’universo felliniano, abitato da fantastiche esagerazioni e traboccante immaginazione, si fonderà per sempre con quello più tranquillo di Giulietta...