30 anni di Labyrinth: da flop a cult
Ricordo benissimo la prima volta in cui vidi Labyrinth: non fu al cinema bensì a casa, dopo aver ricevuto in regalo il vhs originale. Rimasi dritta sul divano per tutto il tempo, con lo sguardo rapito, letteralmente incantata.
Sì, perché per essere il 1986, gli effetti speciali erano semplicemente strabilianti: c’erano gnomi che ballavano al ritmo di Magic Dance, una Gora dell’Eterno Fetore che ribolliva di orrendi miasmi che sembrava di sentire anche nel mio tinello, un vermino francese adorabile anche se perfido nell’animo. C’erano strane creature rosse che si auto decapitavano e si staccavano gli arti, ballando una danza sfrenata e c’era la i sfera di cristallo fatata che Jareth, il David Bowie da capelli lunghi e biondissimi che ci fece sognare a lungo, faceva roteare tra le sue mani.
E pensare che inizialmente c’era la possibilità che il ruolo fosse ricoperto da Michael Jackson, Mick Jagger o Prince – tutto tranne che piacenti, a voler essere sinceri – ma alla fine si optò per Sting, già più fascinoso. Salvo poi approdare a David Bowie che, secondo i figli del regista, sarebbe stato ancora più adatto, tanto che compose anche cinque brani presenti nel film: la Magic Dance già citata, Chilly Down, As the world falls down, Within you e Underground.
La battaglia fu epica anche per la scelta del ruolo femminile che in principio prevedeva Helena Bonham Carter, Sarah Jessica Parker, Mary Stuart Masterson, Laura Dern o Marisa Tomei ma che fu successivamente assegnato alla giovanissima Jennifer Connelly, vincitrice del Premio Oscar nel 2002 per A beautiful mind, in cui interpretava la moglie di un matematico Premio Nobel, a sua volta interpretato da Russell Crowe. Proprio lei, nella scena del ballo in maschera, avvolta in un abito bianco e scintillante - che adesso appare assai pomposo mentre allora ci avrebbe fatte sentire delle principesse - volteggiava con il suo antagonista suscitando in tutte noi, ne sono certa, il desiderio di essere al suo posto.
Labyrinth, infatti, è stato tutto questo: magia, trasporto, emozione. Eppure fu un flop: incassò poco più di 12 milioni di dollari contro i 25 spesi per realizzarlo. La critica probabilmente non lo capì mentre ora, saturi di saghe fantasy, prime fra tutte Harry Potter e Il Signore degli Anelli, non possiamo non riconoscere in esso un precursore del genere.
Ha segnato l’infanzia della generazione ’77-’80: le bambine che avevano tra i 7 e i 10 anni ora ne hanno quasi 40 e ancora ricordano a memoria le fatidiche parole di Sarah: “Con rischi indicibili e traversie innumerevoli, ho superato la strada per raggiungere il castello oltre la città di Goblin, per riprendere il bambino che tu hai rapito...la mia volontà è forte come la tua e il mio regno è altrettanto grande...tu non hai alcun potere su di me”. Vi è venuta la pelle d’oca, vero?
Il film di Jim Henson, creatore dei Muppets e quindi non nuovo a pupazzi&co. – la sua Jim Henson Creature Shop fu la stessa che, circa due decenni dopo, diede vita a Nel paese delle creature selvagge di Spike Jonze - era una straordinaria mescolanza di attori in carne e ossa e, appunto, pupazzi che accompagnavano Sarah durante il suo vagare attraverso il labirinto. A partire da Gogol, la cui maschera era un mirabile esempio di tecnologia, comandata a distanza per modificarne le espressioni, fino al suo stesso costume in animatronics e al gufo in cui si trasforma Jareth, primo esempio di animale in CGI, gli effetti speciali furono davvero strabilianti, soprattutto per l’epoca, ma nonostante questo, il film non si aggiudicò nulla nella categoria se non una candidatura ai BAFTA per i Migliori Effetti Speciali.
Profondamente accurato, Labyrinth ha 30 anni ma non li dimostra e i suoi portentosi “trucchi” ne sono la prova: superati ma non ridicoli, tanto che le giovanissime di oggi, abituate ai pixariani miracoli, non hanno affatto risentito della vecchiaia, per così dire, delle creature, dei loro movimenti e delle loro fattezze, perdendosi fin dalla prima inquadratura in una delle avventure fantasy più coinvolgenti di sempre. Provare per credere: i miei figli hanno quasi 10 anni la grande e 7 e mezzo il piccolo e lo adorano. Ad accrescere l’autenticità e la scrupolosità del film, oltre ai potenti mezzi citati sopra, fu la presenza sul set del noto giocoliere Michael Moschen che, nascosto dietro il protagonista, eseguì alla cieca, in maniera a dir poco sorprendente, le scene in cui l’attore faceva roteare fino a quattro sfere nelle sue mani.
Non mancarono neanche trucchi fai da te, come quello cui dovette ricorrere David Bowie durante la sequenza in cui teneva in braccio il piccolo Toby: il bimbo infatti non smetteva di piangere e per distrarlo, l’attore tenne una marionetta per tutto il tempo, rimasta poi off screen nel montaggio finale. Ma non bastò neanche questo e Labyrinth portò a casa soltanto il Premio per il Miglior Film Drammatico agli Hugo Awards.
Il successo tuttavia è arrivato postumo: l’uscita al cinema fu seguita da due videogames, uno creato per il Commodore 64 e l’Apple II dalla LucasFilmsGames e l’altro distribuito solo in Giappone ma è soprattutto dal 2000 in poi che si è verificata una vera e propria rinascita del film. Non solo è disponibile in una ricca versione dvd, nella quale compaiono dei volti nascosti in ben sette scene, nel 2006 è stato anche realizzato un manga intitolato Return to Labyrinth in cui sono rappresentati i fatti a dieci anni dalle vicende narrate. Per non parlare dei numerosi gadget acquistabili online, tra cui sneakers con i personaggi, tazze, felpe, magliette, borse e, last but not least, i modernissimi pupazzi Pop Figures di Ludo e Jareth.
A pochi mesi dalla scomparsa del Duca Bianco, Labyrinth tornerà in sala tra l’11 e il 14 Settembre prossimi – purtroppo solo in America - segno che il film, anche se a distanza di anni, ha finalmente ottenuto l’agognato successo: è recentissima inoltre la notizia secondo cui arriverà presto un sequel scritto dalla stessa sceneggiatrice di Guardiani della Galassia, Nicole Perlman. Con esso la Tristar renderebbe omaggio al cantante recentemente scomparso – sembra che la tecnologia più avanzata potrebbe addirittura riportarlo sullo schermo - e al regista che morì pochi anni dopo il suo ultimo lavoro: ma soprattutto proverebbe a rifarsi di un giudizio frettoloso su un film che, tutto sommato, ha anticipato i tempi e fatto la storia.
Labyrinth ha suscitato stupore, meraviglia, fascino e un coinvolgimento che solo le storie universali riescono a mantenere così a lungo: sfruttò il visionario Escher e la sua opera Relativity per ricreare le scale basculanti e, ispirandosi a Il Mago di Oz e Alice nel paese delle meraviglie, creò un mondo completamente nuovo, dando vita ad una storia in cui l’atmosfera gotica e quella romantica si fondevano, suscitando i primi sfarfallii nello stomaco delle giovanissime spettatrici dell’epoca.
In poche parole un cult. Siate sinceri, vi è venuta voglia di rivederlo? Se sì, riscoprirete un'avventura fantastica mai sopita negli animi di chi si perse nel labirinto insieme alla protagonista, trenta lunghi anni fa. E una volta davanti allo schermo, osservate con attenzione la camera di Sarah e scoprirete che al suo interno, tra pupazzi, disegni e quadri appesi alle pareti, sono nascosti tutti i fantasiosi personaggi del film. Buona visione!